Page 90 - Galileo Galilei - Lettere copernicane. Sentenza e abiura
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vergognoso, dannoso e da evitare con tutti gli sforzi possibili
che su questi argomenti un infedele o da un cristiano parlare
come se riferisse le Sacre Scritture in modo così delirante che
vedendolo, così si dice, “errare per tutto il cielo”, possa a stento
trattenere il riso. E non è tanto grave il fatto che venga deriso un
uomo che sbaglia, ma il fatto che coloro che son fuori dalla
Chiesa credano che i nostri autori la pensino così e come
ignoranti siano criticati e disprezzati, con gran danno per quelli
di cui ci sta a cuore la salvezza. Quando infatti hanno colto in
errore qualcuno che faccia parte del numero dei cristiani in una
cosa che essi conoscono benissimo, e sostengono che ha preso
la sua convinzione sbagliata dai nostri libri, in che modo sulla
base di questi stessi libri potranno credere alla resurrezione dei
morti, alla speranza della vita eterna e del regno dei cieli, dal
momento che li avranno giudicati fallaci a proposito di quelle
cose che hanno già potuto sperimentare o recepire con ragioni
che non ammettono dubbi?». Quanto poi vengano offesi i Padri
veramente saggi e prudenti da parte di coloro che, a sostegno di
affermazioni che non hanno capito, per così dire pongono dei
vincoli sui passi delle Scritture, finendo per aggravare l’errore
iniziale con il citare altri passi capiti ancora meno dei primi, lo
spiega lo stesso Santo con le parole che seguono: «Non si dirà
mai a sufficienza quanta molestia e rammarico arrechino ai
fratelli prudenti i presuntuosi temerari allorché, se capita che si
incominci a riprenderli e a convincerli dell’errore a proposito di
una loro distorta e falsa opinione da parte di coloro che non si
attengono all’autorità dei nostri libri, per difendere ciò che
avevano detto con leggerezza incosciente e palese falsità,
tentano di mettere avanti gli stessi libri sacri, dai quali
pretendono di assumer delle prove; oppure fanno a memoria
molte citazioni credendo che valgano come testimonianze,
senza capire né quello che dicono, né su che cosa si
esprimono».
A questa specie mi sembra appartengano costoro che, non
volendo o non potendo capire le dimostrazioni e gli esperimenti
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