Page 169 - Galileo Galilei - Lettere copernicane. Sentenza e abiura
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æternæ regnoque cælorum, quando de his rebus quas iam
experiri vel indubitatis rationibus percipere potuerunt,
fallaciter putaverint esse conscriptos? Quanto poi restino offesi
i Padri veramente saggi e prudenti da questi tali che, per
sostener proposizioni da loro non capite, vanno in certo modo
impegnando i luoghi delle Scritture, riducendosi poi ad
accrescere il primo errore col produrr’altri luoghi meno intesi
de’ primi, esplica il medesimo Santo con le parole che seguono:
Quid enim molestiæ tristitiæque ingerant prudentibus fratribus
temerarii præsumptores, satis dici non potest, cum si quando de
prava et falsa opinione sua repræhendi et convinci coeperint ab
eis qui nostrorum librorum authoritate non tenentur, ad
defendendum id quod levissima temeritate et apertissima
falsitate dixerunt, eosdem libros sanctos unde id probent,
proferre conantur; vel etiam memoriter, quæ ad testimonium
valere arbitrantur, multa inde verba pronunciant, non
intelligentes neque quæ loquuntur neque de quibus affirmant.
Del numero di questi parmi che sieno costoro, che non
volendo o non potendo intendere le dimostrazioni ed esperienze
con le quali l’autore ed i seguaci di questa posizione la
confermano, attendono pure a portare innanzi le Scritture, non si
accorgendo che quante più ne producono e quanto più persiston
in affermar quelle esser chiarissime e non ammetter altri sensi
che quelli che essi gli danno, di tanto maggior progiudizio
sarebbono alla dignità di quelle (quando il lor giudizio fosse di
molta autorità), se poi la verità conosciuta manifestamente in
contrario arrecasse qualche confusione, al meno in quelli che
son separati da Santa Chiesa, de’ quali pur ella è zelantissima e
madre desiderosa di ridurgli nel suo grembo. Vegga dunque l’A.
V. quanto disordinatamente procedono quelli che, nelle dispute
naturali, nella prima fronte costituiscono per loro argumenti
luoghi della Scrittura, e ben spesso malamente da loro intesi.
Ma se questi tali veramente stimano e interamente credono
d’avere il vero sentimento di un tal luogo particolare della
Scrittura, bisogna, per necessaria conseguenza, che si tenghino
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