Page 173 - Galileo Galilei - Lettere copernicane. Sentenza e abiura
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interpretar le parole con qualche sentimento diverso dal loro
puro significato; la quale interpretazione, ammonito dagli
utilissimi documenti di S. Agostino, non direi esser
necessariamente questa, sì che altra forse migliore e più
accomodata non potesse sovvenire ad alcun altro. Ma se forse
questo medesimo, più conforme a quanto leggiamo in Giosuè, si
potesse intendere nel sistema Copernicano, con l’aggiunta di
un’altra osservazione, nuovamente da me dimostrata nel corpo
solare, voglio per ultimo mettere in considerazione; parlando
sempre con quei medesimi riserbi di non esser talmente
affezionato alle cose mie, che io voglia anteporle a quelle degli
altri, e creder che di migliori e più conformi all’intenzione delle
Sacre Lettere non se ne possino addurre.
Posto dunque, prima, che nel miracolo di Iosuè si fermasse
tutto ’l sistema delle conversioni celesti, conforme al parere de’
sopra nominati autori, e questo acciò che, fermatone una sola,
non si confondesser tutte le costituzioni e s’introducesse senza
necessità perturbamento in tutto ’l corso della natura, vengo nel
secondo luogo a considerare come il corpo solare, ben che
stabile nell’istesso luogo, si rivolge però in sé stesso, facendo
un’intera conversione in un mese in circa, sì come
concludentemente mi par d’aver dimostrato nelle mie Lettere
delle Macchie Solari: il qual movimento vegghiamo
sensatamente esser, nella parte superior del globo, inclinato
verso il mezo giorno, e quindi, verso la parte inferiore, piegarsi
verso aquilone, nell’istesso modo appunto che si fanno i
rivolgimenti di tutti gli orbi de’ pianeti. Terzo, riguardando noi
alla nobiltà del Sole, ed essendo egli fonte di luce, dal qual pur,
com’io necessariamente dimostro, non solamente la Luna e la
Terra, ma tutti gli altri pianeti, nell’istesso modo per sé stessi
tenebrosi, vengono illuminati, non credo che sarà lontano dal
ben filosofare il dir che egli, come ministro massimo della
natura e in certo modo anima e cuore del mondo, infonde a gli
altri corpi che lo circondano non solo la luce, ma il moto ancora,
col rigirarsi in sé medesimo; sì che, nell’istesso modo che,
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