Page 160 - Galileo Galilei - Lettere copernicane. Sentenza e abiura
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concordare un luogo della Scrittura con una proposizione
naturale dimostrata, che con un altro luogo della Scrittura che
sonasse il contrario. Anzi mi par degna d’esser ammirata ed
immitata la circuspezzione di questo Santo, il quale anco nelle
conclusioni oscure, e delle quali si può esser sicuri che non se
ne possa avere scienza per dimostrazioni umane, va molto
riservato nel determinar quello che si deva credere, come si
vede da quello che egli scrive nel fine del 2° libro De Genesi ad
literam, parlando se le stelle sieno da credersi animate: Quod
licet in præsenti facile non possit compræhendi, arbitror tamen,
in processu tractandarum Scripturarum opportuniora loca
posse occurrere, ubi nobis de hac re secundum sanctæ
authoritatis literas, etsi non ostendere certum aliquid, tamen
credere, licebit. Nunc autem, servata semper moderatione piæ
gravitatis, nihil credere de re obscura temere debemus, ne forte
quod postea veritas patefecerit, quamvis libris sanctis, sive
Testamenti Veteris sive Novi, nullo modo esse possit adversum,
tamen propter amorem nostri erroris oderimus.
Di qui e da altri luoghi parmi, s’io non m’inganno, la
intenzion de’ Santi Padri esser, che nelle quistioni naturali e che
non son de Fide prima si deva considerar se elle sono
indubitabilmente dimostrate o con esperienze sensate
conosciute, o vero se una tal cognizione e dimostrazione aver si
possa: la quale ottenendosi, ed essendo ella ancora dono di Dio,
si deve applicare all’investigazione de’ veri sensi delle Sacre
Lettere in quei luoghi che in apparenza mostrassero di sonar
diversamente; i quali indubitatamente saranno penetrati da’
sapienti teologi, insieme con le ragioni per che lo Spirito Santo
gli abbia volsuti tal volta, per nostro essercizio o per altra a me
recondita ragione, velare sotto parole di significato diverso.
Quanto all’altro punto, riguardando noi al primario scopo di
esse Sacre Lettere, non crederei che l’aver loro sempre parlato
nell’istesso senso avesse a perturbar questa regola; perché, se
occorrendo alla Scrittura, per accomodarsi alla capacità del
vulgo, pronunziare una volta una proposizione con parole di
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