Page 156 - Galileo Galilei - Lettere copernicane. Sentenza e abiura
P. 156
teneamus fidem Domini nostri, in quo sunt absconditi omnes
thesauri sapientiæ, ut neque falsæ philosophiæ loquacitate
seducamur, neque simulatæ religionis superstitione terreamur.
Dalle quali parole mi par che si cavi questa dottrina, cioè
che nei libri de’ sapienti di questo mondo si contenghino alcune
cose della natura dimostrate veracemente, ed altre
semplicemente insegnate; e che, quanto alle prime, sia ofizio
de’ saggi teologi mostrare che le non son contrarie alle Sacre
Scritture; quanto all’altre, insegnate ma non necessariamente
dimostrate, se vi sarà cosa contraria alle Sacre Lettere, si deve
stimare che sia indubitatamente falsa, e tale in ogni possibil
modo si deve dimostrare. Se, dunque, le conclusioni naturali,
dimostrate veracemente, non si hanno a posporre a i luoghi della
Scrittura, ma sì ben dichiarare come tali luoghi non contrariano
ad esse conclusioni, adunque bisogna, prima che condannare
una proposizion naturale, mostrar ch’ella non sia dimostrata
necessariamente: e questo devon fare non quelli che la tengon
per vera, ma quelli che la stiman falsa; e ciò par molto
ragionevole e conforme alla natura; ciò è che molto più
facilmente sien per trovar le fallacie in un discorso quelli che lo
stiman falso, che quelli che lo reputan vero e concludente; anzi
in questo particolare accaderà che i seguaci di questa opinione,
quanto più andran rivolgendo le carte, esaminando le ragioni,
replicando l’osservazioni e riscontrando l’esperienze, tanto più
si confermino in questa credenza. E l’A. V. sa quel che occorse
11
al matematico passato dello Studio di Pisa, che messosi in sua
vecchiezza a vedere la dottrina del Copernico con speranza di
poter fondatamente confutarla (poi che in tanto la reputava
falsa, in quanto non l’aveva mai veduta), gli avvenne, che non
prima restò capace de’ suoi fondamenti, progressi e
dimostrazioni, che ei si trovò persuaso, e d’impugnatore ne
divenne saldissimo mantenitore. Potrei anco nominargli altri
matematici, i quali, mossi da gli ultimi miei scoprimenti, hanno
confessato esser necessario mutare la già concepita costituzione
del mondo, non potendo in conto alcuno più sussistere.
156