Page 152 - Galileo Galilei - Lettere copernicane. Sentenza e abiura
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si arrogherebbono autorità di poter decretare sopra tutte le
questioni della natura, in vigore di qualche parola mal intesa da
loro ed in altro proposito prodotta dagli scrittori sacri; né
potrebbe il piccol numero degl’intendenti reprimer il furioso
torrente di quelli, i quali troverebbono tanti più seguaci, quanto
il potersi far reputar sapienti senza studio e senza fatica è più
soave che il consumarsi senza riposo intorno alle discipline
laboriosissime. Però grazie infinite doviamo render a Dio
benedetto, il quale per sua benignità ci spoglia di questo timore,
mentre spoglia d’autorità simil sorte di persone, riponendo il
consultare, risolvere e decretare sopra determinazioni tanto
importanti nella somma sapienza e bontà di prudentissimi Padri
e nella suprema autorità di quelli, che, scorti dallo Spirito Santo,
non possono se non santamente ordinare, permettendo che della
leggerezza di quelli altri non sia fatto stima. Questa sorte
d’uomini, per mio credere, son quelli contro i quali, non senza
ragione, si riscaldano i gravi e santi scrittori, e de i quali in
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particolare scrive S. Girolamo: Hanc (intendendo della
Scrittura Sacra) garrula anus, hanc delirus senex, hanc sophista
verbosus, hanc universi præsumunt, lacerant, docent antequam
discant. Alii, adducto supercilio, grandia verba trutinantes,
inter mulierculas de Sacris Literis philosophantur; alii discunt,
pro pudor, a fæminis quod viros doceant, et, ne parum hoc sit,
quadam facilitate verborum, imo audacia, edisserunt aliis quod
ipsi non intelligunt. Taceo de mei similibus, qui, si forte ad
Scripturas Sanctas post seculares literas venerint, et sermone
composito aurem populi mulserint, quidquid dixerint, hoc legem
Dei putant, nec scire dignantur quid Prophetæ quid Apostoli
senserint, sed ad sensum suum incongrua aptant testimonia;
quasi grande sit, et non vitiosissimum docendi genus, depravare
sententias, et ad voluntatem suam Scripturam trahere
repugnantem.
Io non voglio metter nel numero di simili scrittori secolari
alcuni teologi, riputati da me per uomini di profonda dottrina e
di santissimi costumi, e per ciò tenuti in grande stima e
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