Page 149 - Galileo Galilei - Lettere copernicane. Sentenza e abiura
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teologi;  da  i  quali,  tra  cent’altre  attestazioni,  abbiamo  le
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                seguenti:  Illud etiam diligenter cavendum et omnino fugiendum

                est,  ne  in  tractanda  Mosis  doctrina  quidquam  affirmate  et
                asseveranter  sentiamus  et  dicamus,  quod  repugnet  manifestis
                experimentis           et     rationibus         philosopiæ          vel      aliarum

                disciplinarum:  namque,  cum  verum  omne  semper  cum  vero
                congruat,  non  potest  veritas  Sacrarum  Literarum  veris

                rationibus  et  experimentis  humanarum  doctrinarum  esse
                                                                                   7
                contraria.  Ed  appresso  S.  Agostino  si  legge:   Si  manifestæ
                certæque  rationi  velut  Sanctarum  Scripturarum  obiicitur

                authoritas, non intelligit qui hoc facit; et non Scripturæ sensum,
                ad quem penetrare non potuit, sed suum potius, obiicit veritati;

                nec quod in ea, sed in se ipso, velut pro ea, invenit, opponit.
                     Stante questo, ed essendo, come si è detto, che due verità

                non  possono  contrariarsi,  è  officio  de’  saggi  espositori
                affaticarsi  per  penetrare  i  veri  sensi  de’  luoghi  sacri,  che

                indubitabilmente  saranno  concordanti  con  quelle  conclusioni
                naturali,  delle  quali  il  senso  manifesto  e  le  dimostrazioni

                necessarie ci avessero prima resi certi e sicuri. Anzi, essendo,
                come  si  è  detto,  che  le  Scritture  per  l’addotte  cagioni
                ammettono  in  molti  luoghi  esposizioni  lontane  dal  significato

                delle parole, e, di più, non potendo noi con certezza asserire che
                tutti gl’interpreti parlino inspirati divinamente, poi che, se così

                fusse,  niuna  diversità  sarebbe  tra  di  loro  circa  i  sensi  de’
                medesimi luoghi, crederei che fusse molto prudentemente fatto
                se  non  si  permettesse  ad  alcuno  impegnare  i  luoghi  della

                Scrittura ed in certo modo obligargli a dover sostener per vere
                queste  o  quelle  conclusioni  naturali,  delle  quali  una  volta  il

                senso  e  le  ragioni  dimostrative  e  necessarie  ci  potessero
                manifestare  il  contrario.  E  chi  vuol  por  termine  alli  umani

                ingegni?  Chi  vorrà  asserire,  già  essersi  veduto  e  saputo  tutto
                quello che è al mondo di sensibile e di scibile? Forse quelli che

                in altre occasioni confesseranno (e con gran verità) che ea quæ
                scimus sunt minima pars eorum quæ ignoramus? Anzi pure, se




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