Page 150 - Galileo Galilei - Lettere copernicane. Sentenza e abiura
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noi abbiamo dalla bocca dell’istesso Spirito Santo, che Deus
tradidit mundum disputationi eorum, ut non inveniat homo opus
quod operatus est Deus ab initio ad finem, non si dovrà, per mio
parere, contradicendo a tal sentenza, precluder la strada al libero
filosofare circa le cose del mondo e della natura, quasi che
elleno sien di già state con certezza ritrovate e palesate tutte. Né
si dovrebbe stimar temerità il non si quietare nelle opinioni già
state quasi comuni, né dovrebb’esser chi prendesse a sdegno se
alcuno non aderisce in dispute naturali a quell’opinione che
piace loro, e massime intorno a problemi stati già migliaia
d’anni controversi tra filosofi grandissimi, quale è la stabilità
del Sole e mobilità della Terra: opinione tenuta da Pittagora, e
da tutta la sua setta, e da Eraclide Pontico, il quale fu
dell’istessa opinione, da Filolao maestro di Platone, e
dall’istesso Platone, come riferisce Aristotile, e del quale scrive
Plutarco nella vita di Numa, che esso Platone già fatto vecchio
diceva, assurdissima cosa essere il tenere altramente. L’istesso
fu creduto da Aristarco Samio, come abbiamo appresso
Archimede, da Seleuco matematico, da Niceta filosofo,
referente Cicerone, e da molti altri; e finalmente ampliata e con
molte osservazioni e dimostrazioni confermata da Niccolò
Copernico. E Seneca, eminentissimo filosofo, nel libro De
cometis ci avvertisce, doversi con grandissima diligenza cercar
di venire in certezza, se sia il cielo o la Terra in cui risegga la
diurna conversione.
E per questo, oltre a gli articoli concernenti alla salute ed
allo stabilimento della Fede, contro la fermezza de’ quali non è
pericolo alcuno che possa insurgere mai dottrina valida ed
efficace, non saria forse se non saggio ed util consiglio il non ne
aggregar altri senza necessità: e se così è, disordine veramente
sarebbe l’aggiugnergli a richiesta di persone, le quali, oltre che
noi ignoriamo se parlino inspirate da celeste virtù, chiaramente
vediamo che in esse si potrebbe desiderare quella intelligenza
che sarebbe necessaria prima a capire, e poi a redarguire, le
dimostrazioni con le quali le acutissime scienze procedono nel
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