Page 145 - Galileo Galilei - Lettere copernicane. Sentenza e abiura
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questo medesimo avviso, per non aggiugnere confusione nelle
                menti  di  quel  medesimo  popolo  e  renderlo  più  contumace

                contro a i dogmi di più alto misterio. Perché se, come si è detto
                e chiaramente si scorge, per il solo rispetto d’accomodarsi alla

                capacità  popolare  non  si  è  la  Scrittura  astenuta  di  adombrare
                principalissimi  pronunziati,  attribuendo  sino  all’istesso  Iddio
                condizioni lontanissime e contrarie alla sua essenza, chi vorrà

                asseverantemente  sostenere  che  l’istessa  Scrittura,  posto  da
                banda cotal rispetto, nel parlare anco incidentemente di Terra,

                d’acqua, di Sole o d’altra creatura, abbia eletto di contenersi con
                tutto rigore dentro a i puri e ristretti significati delle parole? e
                massime  nel  pronunziar  di  esse  creature  cose  non  punto

                concernenti al primario instituto delle medesime Sacre Lettere,
                ciò  è  al  culto  divino  ed  alla  salute  dell’anime,  e  cose

                grandemente remote dalla apprensione del vulgo.
                      Stante,  dunque,  ciò,  mi  par  che  nelle  dispute  di  problemi

                naturali  non  si  dovrebbe  cominciare  dalle  autorità  di  luoghi
                delle Scritture, ma dalle sensate esperienze e dalle dimostrazioni

                necessarie:  perché,  procedendo  di  pari  dal  Verbo  divino  la
                Scrittura Sacra e la natura, quella come dettatura dello Spirito

                Santo, e questa come osservantissima essecutrice de gli ordini di
                Dio;  ed  essendo,  di  più,  convenuto  nelle  Scritture,  per

                accomodarsi  all’intendimento  dell’universale,  dir  molte  cose
                diverse, in aspetto e quanto al nudo significato delle parole, dal
                vero assoluto; ma, all’incontro, essendo la natura inesorabile ed

                immutabile,  e  mai  non  trascendente  i  termini  delle  leggi
                impostegli,  come  quella  che  nulla  cura  che  le  sue  recondite

                ragioni e modi d’operare sieno o non sieno esposti alla capacità
                degli  uomini;  pare  che  quello  degli  effetti  naturali  che  o  la

                sensata  esperienza  ci  pone  dinanzi  a  gli  occhi  o  le  necessarie
                dimostrazioni ci concludono, non debba in conto alcuno esser

                revocato  in  dubbio,  non  che  condennato,  per  luoghi  della
                Scrittura che avessero nelle parole diverso sembiante; poi che
                non  ogni  detto  della  Scrittura  è  legato  a  obblighi  così  severi

                com’ogni  effetto  di  natura,  né  meno  eccellentemente  ci  si



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