Page 15 - Galileo Galilei - Lettere copernicane. Sentenza e abiura
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orbium celestium libri VI (“Sei libri sulle rivoluzioni dei corpi
celesti”). In base a quest’opera non erano più – come nella
visione tradizionale – i pianeti a girare intorno alla Terra, ma
erano i pianeti a ruotare attorno al Sole (Terra inclusa).
Copernico basava queste sue conclusioni su calcoli matematici,
mentre Galileo ne dimostra la validità con «sensate esperienze»
e «dimostrazioni necessarie».
Si trattava di una scoperta rivoluzionaria, perché minava la
secolare concezione cristiana della Terra e dunque degli esseri
umani come posti al centro dell’universo. Il passaggio dal
modello geocentrico a quello eliocentrico privava l’uomo
dell’idea di una condizione di privilegio alla quale si faceva
fatica a rinunciare. Da qui derivò l’ostilità della Chiesa a una
siffatta prospettiva, anche perché la Bibbia – che era il testo di
riferimento per la cultura del tempo, non solo sul piano religioso
ma anche su quello scientifico – in un passo del Libro di Giosuè
(X, 12-14) accennava al movimento del Sole intorno alla Terra:
per la preghiera di Giosuè (il condottiero ebraico, successore di
Mosè, che guidò le dodici tribù di Israele attraverso il Giordano
a occupare la terra promessa) Dio fermò il Sole – cioè prolungò
la durata del giorno e ritardò l’inizio della notte – finché gli
Israeliti riuscirono a sconfiggere gli Amorrei loro nemici. Ma
appellarsi alla Bibbia era forse più che altro un pretesto, pur di
non accogliere una visione del mondo che metteva in crisi
l’assodata concezione di una centralità dell’umano nel cosmo.
Da qui, da questa straordinaria scoperta galileiana, comincia
la crisi non semplicemente di una visione religiosa ma, in fondo,
dello stesso pensiero occidentale. «Maledetto sia Copernico!»
dirà, all’inizio del XIX secolo, il protagonista del Fu Mattia
Pascal (1904) di Luigi Pirandello: «Copernico […] ha rovinato
l’umanità, irrimediabilmente. Ormai noi tutti ci siamo a poco a
poco adattati alla nuova concezione dell’infinita piccolezza, a
considerarci anzi men che niente nell’Universo, con tutte le
nostre belle scoperte e invenzioni e che valore dunque volete
che abbiano le notizie, non dico delle nostre miserie particolari,
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