Page 14 - Galileo Galilei - Lettere copernicane. Sentenza e abiura
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leggere il testo nelle sue diverse dimensioni (figurate,
simboliche, allegoriche ecc.): se ci fermassimo «nel puro
significato delle parole […] vi apparirebbono non solo diverse
contradizioni, ma gravi eresie e bestemmie ancora; poi che
sarebbe necessario dare a Iddio e piedi e mani e occhi, e non
meno affetti corporali e umani, come d’ira, di pentimento,
d’odio, e anco talvolta l’obblivione delle cose passate e
l’ignoranza delle future» (A don Benedetto Castelli in Pisa). È
perciò «necessario che i saggi espositori produchino i veri sensi,
e n’additino le ragioni particolari per che siano sotto cotali
parole stati profferiti». In tal modo fede e scienza – ancora una
volta – non possono trovarsi in reciproca contraddizione. E a
ben guardare, afferma Galileo, si troverà «molto più zelo verso
Santa Chiesa e la dignità delle Sacre Lettere» in lui che nei suoi
«persecutori» (A monsignor Piero Dini in Roma, 16 febbraio
1615).
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TERRA
La grande scoperta galileiana è, come è noto, quella del
moto della Terra. A difendere questo risultato delle sue
osservazioni e delle sue ricerche lo scienziato pisano dedica
diversi scritti, in particolare il Dialogo sopra i due massimi
sistemi del mondo (1632), ma anche diverse lettere, come queste
Lettere copernicane, scritte tra il 1613 e il 1615, nelle quali
Galileo cerca di convincere alcuni esponenti del mondo
scientifico, politico ed ecclesiastico della validità delle proprie
teorie e della loro conciliabilità con le verità di fede.
Al paradigma tolemaico (dal nome dell’astronomo egiziano
Claudio Tolomeo, vissuto nel II secolo d.C.), Galileo sostituisce
quello copernicano: nel 1543 l’astronomo polacco Niccolò
Copernico aveva pubblicato a Norimberga il De revolutionibus
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