Page 12 - Galileo Galilei - Lettere copernicane. Sentenza e abiura
P. 12

affidarci  invece  alle  immagini  poetiche  dei  testi  sacri  quasi
                come a una fonte di verità scientifica: «Ma che quel medesimo

                Dio  che  ci  ha  dotati  di  sensi,  di  discorso  e  d’intelletto,  abbia
                voluto,  posponendo  l’uso  di  questi,  darci  con  altro  mezzo  le

                notizie che per quelli possiamo conseguire, non penso che sia
                necessario il crederlo, e massime in quelle scienze delle quali
                una minima particella e in conclusione divise se ne legge nella

                Scrittura». Tanto più che l’astronomia – questo è l’oggetto del
                contendere – non trova nella Bibbia una trattazione completa e

                sistematica,  non  essendo  quella  l’intenzione  dei  suoi  autori,
                seppure divinamente ispirati.
                     Intenzione dello Spirito Santo che ha guidato la mano degli

                autori  dei  libri  biblici  era  infatti  quella  «d’insegnarci  come  si
                vadia al cielo, e non come vadia il cielo» (A madama Cristina di

                Lorena  Granduchessa  di  Toscana).  In  altre  parole,  la  Bibbia
                non insegna come si muovano i corpi celesti ma come si possa

                salvare la propria anima. Tra dettato scritturistico e scienza non
                ci può e non ci deve essere alcun contrasto, poiché sono diversi

                i  loro  ambiti  d’azione  e  di  interesse:  il  primo  mira  a  definire
                questioni teologiche e morali, la seconda le regole matematiche
                del reale. Quando i testi sacri accennano a fenomeni astronomici

                o naturali, non hanno la pretesa di avere validità scientifica. Se
                tra  “libro  sacro”  e  “libro  della  natura”  talora  pare  di  scorgere

                qualche  contraddizione,  essa  è  soltanto  apparente,  giacché
                riguarda – per così dire – le diverse modalità espressive dei due

                “libri”, più che la realtà in sé. Galileo ribadisce a più riprese nei
                suoi scritti l’assenza di una tale contraddizione, anche perché se

                avesse        parlato       diversamente           –      mettendo          cioè      in
                contrapposizione le “due verità” – sarebbe potuta scattare con
                molta  facilità  l’accusa  di  eresia,  cosa  che  fino  all’ultimo  egli

                volle evitare.
                     Spiega invece che nel trattare le questioni naturali, gli autori

                della Bibbia hanno adottato il punto di vista del volgo, «assai
                rozzo e indisciplinato». Perciò i riferimenti naturalistici presenti

                nella Bibbia non vanno intesi per forza di cose in senso reale,



                                                           12
   7   8   9   10   11   12   13   14   15   16   17