Page 20 - Galileo Galilei - Lettere copernicane. Sentenza e abiura
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PROCESSO
Nonostante tutta la prudenza di cui Galileo dette prova, le
sue tesi astronomiche vennero comunque considerate eretiche.
Nel 1632 lo scienziato pubblica a Firenze il Dialogo sopra i due
massimi sistemi del mondo, tolemaico e copernicano, in cui
mette a confronto la visione tolemaica (geocentrica) con quella
copernicana (eliocentrica): nonostante la forma dialogica – che
nelle intenzioni dell’autore doveva servire, oltre che a rendere
più efficace il confronto delle idee, anche a eludere la censura,
ponendo una sorta di formale equidistanza dai due sistemi
cosmologici – l’opera desta l’attenzione della Chiesa. Viene
dunque istruito un processo e il 22 giugno 1633 Galileo si
presenta, a Roma, di fronte ai giudici del Santo Uffizio, radunati
nella grande sala del convento domenicano di Santa Maria sopra
Minerva, non lontano dal Pantheon. Due erano i capi di
imputazione che gli venivano mossi: aver attribuito validità
scientifica ai calcoli di Copernico e non aver rispettato il
divieto, emanato nel 1616, di sostenere le tesi copernicane.
A quegli studi Galileo aveva dedicato tutta la propria
esistenza. Ora però di fronte al tribunale dell’Inquisizione
decide di abiurare. Perché lo fece? Per paura della tortura e della
morte? Già questa sarebbe una spiegazione. Oppure si risolvette
a piegarsi formalmente all’autorità ecclesiastica per poter poi
continuare le proprie ricerche come in effetti fece, seppure non
più in campo astronomico, giungendo in seguito a pubblicare, in
Olanda nel 1638, la sua ultima grande opera, Discorsi e
dimostrazioni matematiche intorno a due nuove scienze?
Non lo sappiamo, e con certezza non lo sapremo mai. Ciò
che è certo è che uno dei più grandi scienziati di tutti i tempi si
inginocchia, all’età di settant’anni, di fronte agli inquisitori e
rinnega «la falsa opinione che il sole sia centro del mondo e che
non si muova e che la terra non sia centro del mondo e che si
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