Page 21 - Galileo Galilei - Lettere copernicane. Sentenza e abiura
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muova» (Abiura), pronunciando la seguente abiura: «Con cuor
sincero e fede non finta abiuro, maledico e detesto li suddetti
errori et heresie, e generalmente ogni et qualunque altro errore,
heresia e setta contraria alla S.ta Chiesa; e giuro che per
l’avvenire non dirò mai più né asserirò, in voce o in scritto, cose
tali per le quali si possa aver di me simile sospitione; ma se
conoscerò alcun heretico o che sia sospetto d’heresia lo
denontiarò a questo S. Offitio».
È interessante notare che ampi settori della storiografia
moderna hanno sostenuto che il processo a Galileo fu, di fatto,
un processo irregolare, non solo per tutta una serie di
inesattezze formali che contraddissero la procedura ben
codificata a cui normalmente l’Inquisizione si atteneva
(situazione ampiamente documentata in particolare dagli
studiosi tedeschi), ma perché – come lo storico Vittorio Frajese
ha argomentato in modo convincente nel saggio Il processo a
Galileo Galilei (Morcelliana, Brescia 2010) – alla sentenza di
condanna mancarono le minime basi canoniche. Infatti, a parte
una diffusa e generica ostilità alle prospettive disegnate dalla
nuova scienza, non era mai stato emanato da parte dell’autorità
ecclesiastica un decreto di condanna dell’astronomia
copernicana come dottrina eretica e contraria alle Sacre
Scritture né tanto meno un decreto di censura teologica
dell’eliocentrismo. In altre parole, non sussistevano le premesse
giuridiche per una sentenza di condanna che – al di là del
merito, fermandoci per un momento solo al piano tecnico –
stando così le cose risulterebbe illegittima.
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EPPURE
«Eppur si muove!»: questa sarebbe stata la frase pronunciata
da Galileo, battendo la terra con un piede, all’uscita dalla
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