Page 87 - Galileo Galilei - Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo
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rappresentanti  della  scienza  e  della  cultura  tradizionali.  Ci  fu  però  un
          gruppo che, fin dall’inizio, si mobilitò per la persecuzione di Galileo e

          che  si  autodefiniva  «lega».          209   Tra  costoro,  il  cardinale  Boscaglia,  il

          filosofo Giorgio Coresio, Francesco Sizi e Antonio Magini, importante
          astronomo  di  Bologna,  e  vari  domenicani,  come  Niccolò  Lorini,
          Tommaso  Caccini  e  Lodovico  delle  Colombe.  Sembra  tuttavia  che  il

          capoccia fosse quest’ultimo, Colombe. Per questo gli amici di Galilei ne
          parlavano come della «Lega delle colombe». E furono in gran parte tali

          «colombe» a spostare la polemica astronomica sul terreno delle Scritture
          e  a  ottenere  nel  1616  la  condanna  del  copernicanesimo.  È  chiaro  che

          Castelli peccava di ingenuità quando consigliava a Galileo: «Lasci, dico,
          lasci, ché i colombi si tramuteranno da sé in cornacchie».                      210  Con l’andar

          del tempo, però, Galileo avrebbe visto aumentare la quantità e la qualità
          dei suoi nemici, soprattutto tra i temibili gesuiti. Curiosamente, la loro

          figura di maggior spicco, il cardinale Bellarmino, era autore di un’opera
          mistica  intitolata  Il  lamento  della  colomba.  Forse  Bellarmino  nutriva

          ammirazione o rispetto per Galileo come certi storici si ostinano a dire;
          in  ogni  caso,  però,  la  sua  lettera  a  Foscarini,  in  cui  avverte  questi  e
          Galileo che faranno bene a «contentarsi di parlare ex suppositione e non

          assolutamente» della teoria di Copernico, è una minaccia pura e dura da
          parte del potere e non un trattato epistemologico come hanno preteso,

          per qualche tempo, gli apologeti. E, come dice Luigi Firpo, il decreto di
          proibizione del copernicanesimo del 1616 «è lo specchio fedele dei punti

          di vista di Bellarmino».         211  Può darsi che Bellarmino si mostrasse cortese
          nel  suo  atteggiamento  con  Galileo,  ma  era  ancor  più  deciso  nella  sua

          difesa dello status quo. Anche il papa era molto cortese con Galileo, e
          certamente questa cortesia indusse Galileo a mentire o, in ogni caso, a

          commettere  un  errore  destinato  a  costargli  caro.  Non  appena  Urbano
          VIII  venne  eletto,  Galileo  ricominciò  la  sua  battaglia  copernicana.

          Galileo parlò tra l’altro con il cardinale Zollern il quale, prima di partire
          alla  volta  della  Germania,  parlò  a  sua  volta  di  Copernico  con  Urbano
          VIII:  tutti  gli  eretici  erano  favorevoli  a  Copernico  e  consideravano  in

          tutto e per tutto vera la sua teoria. Conveniva pertanto mostrarsi prudenti
          nelle decisioni in merito.



                   «Al che fu da S. Santità risposto, come Santa Chiesa non l’havea dannata né era
                   per dannarla per heretica, ma solo per temeraria, ma che non era da temere che
                   alcuno fosse mai per dimostrarla necessariamente vera».         212



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