Page 79 - Galileo Galilei - Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo
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acconciamente  si  fosse  servita  de  i  moti  retti».  Questi  divennero  però
          impossibili  «dopo  l’ottima  disposizione  e  collocazione»  delle  sue

          parti. 187  Ciò nonostante, dopo una certa unificazione di mondo terrestre

          e  celeste,  il  Dio  architetto  non  procede  a  ordinare  gli  elementi  con  la
          Terra  al  centro.  E  Galileo  ci  espone  il  mito,  che  definisce  platonico,
          secondo  il  quale  Dio  lancia  la  Terra  nella  sua  orbita  intorno  al  Sole,

          come tutti gli altri pianeti. Ma l’espressione «mondo sublunare» da lui
          usata  non  è  un  mero  residuo  del  passato.  Ha  perduto,  ovviamente,  la

          posizione  peculiare  che  le  era  propria.  Più  ancora,  esso  si  è
          regionalizzato.  Dal  punto  di  vista  cosmologico,  è  un  altro  mondo

          planetario, ma continua a conservare certe particolarità, perché la fisica
          con le sue leggi è tuttavia legata a esso. È la fisica di una Terra mobile,

          anche se non è la fisica del nuovo universo newtoniano: è la fisica di un
          mondo sublunare di sfere elementari.




          Confusi e stupiti… non so comprendere tal novità



          Galileo concepì il suo Dialogo come un’opera in stile rossiniano. Dopo

          l’analisi  filosofica  della  giornata  iniziale,  nella  seconda,  lungo  il  filo
          della discussione sulla possibilità e sulle conseguenze del movimento di

          rotazione terrestre, presenta i grandi princìpi della sua nuova fisica. Nella
          Giornata terza si concentra sugli aspetti astronomici e discute e respinge

          tutte le obiezioni opposte al movimento annuo della Terra. In omaggio
          alla  concisione,  qui  non  me  ne  curerò,  rimandando  alle  note  al  testo.
          Ciascun  atto  aveva  un  suo  corrispondente  e  tipico  «crescendo»

          rossiniani,  e  l’opera  doveva  avere  un’apoteosi  conclusiva  con  un
          adeguato lieto fine, preparato e pensato da decenni. Come abbiamo visto,

          infatti, all’inizio l’opera era strutturata attorno alla teoria delle maree e
          solo lentamente si era trasformata in qualcosa di assai più vasto. In ogni
          caso, però, questa teoria si presentava come la prova più solida del moto

          terrestre e costituiva l’adeguato coronamento conclusivo del Dialogo. E
          si  deve  riconoscere  che  l’«opera»  galileiana  è  eccellente;  il  suo

          indiscutibile  merito  e  importanza  scientifici  ne  fanno  qualcosa  di
          immortale, e sotto il profilo letterario, pedagogico e culturale, il Dialogo

          è un’opera magistrale. Tuttavia, stando alla maggior parte degli storici, il
          «libretto» non è altrettanto fortunato per quanto riguarda questo «finale»

          a più riprese annunciato come la prova decisiva in favore del movimento



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