Page 66 - Galileo Galilei - Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo
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data da Galileo nel Dialogo, come già abbiamo visto. In primo luogo e
soprattutto, non è certo che «tutti i corpi materiali» possiedano lo stesso
movimento o impeto circolare uniforme. Come abbiamo visto, Galileo
non porta a compimento né l’unificazione né la generalizzazione che
questa affermazione implica. Inoltre, se l’aria ruota con la Terra non è
perché sia un corpo grave, o perché sia meccanicamente legata, dal peso,
alla Terra. Ruota, quando lo fa, vale a dire solo sopra i continenti, perché
è sospinta dalle irregolarità della superficie terrestre. Più ancora, nello
svolgimento dell’argomentazione, in nessun momento fa la propria
comparsa il termine impeto, né a proposito dell’aria né a proposito degli
uccelli. In base a ciò che abbiamo visto finora, la partecipazione di un
corpo alla natura della Terra – nel caso di un uccello o di una nuvola –
comporta quale caratteristica essenziale del corpo stesso che esso ruoti
con la Terra col periodo di ventiquattr’ore senza necessitare di alcun
impeto per farlo. Quello della rotazione diurna è un movimento naturale.
È quanto ci ha detto Galileo, e possiamo applicarlo al caso degli uccelli.
Il problema è che dice ancora altro.
La prima cosa che richiama la nostra attenzione è l’affermazione di
Sagredo, dalla cui bocca mai escono sciocchezze, che il caso degli
uccelli gli sembra più difficile da comprendere di ogni altro. Egli non
capisce come «tra tante girandole e’ non ismarriscano il moto della
Terra, o come e’ possin tener dietro a una tanta velocità». 153 Salviati lo
capisce benissimo e commenta che «veramente il dubitar vostro non è
senza ragione, e forse il Copernico stesso non ne dovette trovar
scioglimento di sua intera soddisfazione, e perciò per avventura lo
tacque». 154
Alla luce di tale difficoltà, viene deciso di lasciare per ultima la
questione, e quando essa viene ripresa Salviati replica che «quando gli
uccelli avessero a tener dietro al cono de gli alberi con l’aiuto delle loro
ali, starebbero freschi», e che, «se venissero privati dell’universal
conversione», resterebbero indietro, scomparendo verso ponente a
vertiginosa velocità. Anche noi possiamo capire Galileo in questa ultima
affermazione: una volta ancora sta dicendo che gli oggetti terrestri, in
questo caso gli uccelli, possiedono in forma innata il moto diurno di
ventiquattr’ore. A questo punto, però, aggiunge:
«Ma la verità è che il moto proprio degli uccelli, dico del lor volare, non ha che
far nulla co’l moto universale, al quale né apporta aiuto né disaiuto; e quello che
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