Page 60 - Galileo Galilei - Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo
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planetario. Semmai, sappiamo in senso negativo. In altre parole,
sappiamo che mondo sublunare e sovralunare non sono radicalmente
diversi, come nella cosmologia tradizionale. Galileo insisterà su questo
punto più volte, mettendo in ridicolo le meravigliose qualità del presunto
«etere celeste». Certo è però che aver fatto della Terra un altro pianeta
non risolve in assoluto il problema della sua natura e di quanto la
circonda, ma anzi estende il problema a ciascuno dei pianeti. La visione
della Luna può indurre a pensare, con l’audacia implicita nell’inevitabile
analogia, che i pianeti, che non si vedono con uguale precisione, abbiano
tuttavia una certa somiglianza con la Terra. Su questo assunto, però,
Galileo si mostra assai cauto. Crede che l’osservazione della Luna e la
forma ben delimitata dei pianeti autorizzino a inferire che la loro materia
sia solidissima. 136 Nulla però ci autorizza a ritenere che egli la identifichi
con l’elemento terra; al contrario, le sue considerazioni sulla Luna
rendono palese una esemplare prudenza nell’uso dell’analogia. Galileo
afferma esplicitamente di non credere che la materia della Luna sia di
terra e acqua. 137 E nulla ci dice dell’aria e del fuoco. Ma se la materia
dei pianeti non è identica a quella dei nostri elementi, che proprietà
dinamiche avranno e come si comporteranno? Possiamo pensare che
anche a essi sia applicabile il modello archimedeo del mondo sublunare?
Si tratta però di questioni e domande a proposito delle quali non
troviamo indizi in Galileo; esse chiariscono che noi abbiamo dei pianeti
solo una conoscenza negativa, e che possiamo affermare ben poco di
positivo sul loro conto.
Più ancora, Galileo sembra credere che ciascuno di essi costituisca un
tutto a cui sono fisicamente legate le sue parti, come gli elementi alla
Terra. È quanto ci dice, nella prima giornata, a proposito della Luna. 138
Ma tra i Frammenti attinenti al Dialogo, quelli che Favaro decise di
pubblicare in appendice a questo, ce ne sono due quanto mai eloquenti,
che a questo punto dobbiamo prendere in considerazione. Suonano così:
«Le parti della Terra hanno tal propensione al centro di essa, che quando ella
cangiasse luogo, le dette parti (benché lontane dal globo nel tempo della
mutazione di esso) la seguirebbero per tutto: esempio di ciò sia il séguito
perpetuo delle Medicee, ancor che separate continuamente da Giove.
L’istesso si deve dir della Luna, obbligata a seguir la Terra: il che serva per i
semplici, che hanno renitenza a capire come questi 2 globi, non sendo legati
insieme con una catena o infilzati’n’un’asta, si conseguitino l’un l’altro, sì che
all’incitarsi o ritardarsi dell’uno, si acceleri o ritardi l’altro». 139
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