Page 57 - Galileo Galilei - Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo
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concezione cosmologica, non sappiamo esattamente come sia l’universo
          secondo Galileo.

          Ma questo paradosso, una volta rilevato, ci porta a un’altra scoperta, o
          per  meglio  dire  a  una  consapevolezza  non  meno  vistosa.  In  un  certo

          senso,  la  cosmologia  di  Galileo,  in  quanto  si  riferisce  all’ambito
          sublunare come a quello sovraplanetario, è tanto vicina alla cosmologia

          tradizionale  quanto  alla  moderna  della  quale,  in  buona  misura,  è
          precorritrice.



          È  chiaro  che  Galileo  crede  nella  verità  del  sistema  astronomico
          copernicano, che fa ruotare la Terra su se stessa in ventiquattr’ore e la fa
          orbitare come un altro pianeta intorno al Sole. Questo è senza dubbio il

          punto basilare, che costituisce il fulcro della sua riflessione. Certo è però
          che  non  abbiamo  un’idea  altrettanto  chiara  di  che  cosa  pensi  Galileo

          circa  la  distribuzione  delle  stelle  fisse,  il  cui  numero  ha  egli  stesso
          accresciuto enormemente grazie al suo telescopio. La Lettera a Ingoli del

          1624  è  probabilmente  uno  dei  luoghi  in  cui  questi  problemi  sono
          affrontati  più  direttamente.  A  differenza  dei  pianeti  che,  attraverso  il

          telescopio, risultano ingranditi al punto da apparire come piccoli globi,
          le  stelle  continuano  a  sembrare  semplici  punti  luminosi  e  Galileo  ne
          desume che ciò si deve alla loro enorme distanza. L’universo è, senza

          dubbio, assai più vasto di quanto credessero Copernico o Keplero, ma
          Galileo si limita a chiedere: quanto lontane dobbiamo supporre che siano

          le stelle?  129  Sappiamo che egli non crede nelle sfere solide dei pianeti.
          Ma  le  stelle,  chiamate  «fisse»,  pongono  numerosi  problemi.  Galileo

          crede che la convinzione secondo cui esiste la presunta sfera reale nella
          quale  le  stelle  sarebbero  fisse,  è  talmente  incerta  che  nessuno  riuscirà

          mai ad accettarlo, e aggiunge che nessuno sa né può sapere quale sia la
          forma dell’universo, o se ne abbia una.                130  Ciò equivale a dire che, siano

          o no le stelle in una sfera, non sappiamo se si estendono all’infinito o,
          per remota che sia, delimitino la fine dell’universo. Nel Dialogo, Galileo

          insiste che si potrebbe discutere:


                   «se in natura sia un tal centro, essendo che né voi né altri ha mai provato se il

                   mondo sia finito e figurato, o pure infinito e interminato…».       131

          Un’unica volta Galileo si esprime chiaramente in merito, pronunciandosi

          a  favore  dell’affermazione  che  l’universo  sia  finito.  Trattando  della




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