Page 56 - Galileo Galilei - Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo
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giornata, ha per forza di cose una certa affinità con la lucidità mentale
          che Bacone e Cartesio antepongono alla loro attività costruttiva, attività

          che nel caso di Galileo, e nella misura in cui la censura lo permette, si
          sviluppa nelle giornate successive.

          La citazione precedente già basta a darci un’idea di quanto Galileo sia
          ormai  lontano  dalle  sue  posizioni  espresse  nel  De  motu  dell’epoca  di

          Pisa.  Lì  argomentava  in  modo  più  tradizionale,  in  un  testo  che  può
          considerarsi la contropartita del succitato:


                   «Dopo avere creato la mirabile compagine dell’universo, il divino Artefice, per
                   evitare  che  gli  escrementi  della  vastissima  sfera  celeste  offendessero  la  vista
                   degli spiriti immortali e beati, li cacciò e nascose nel centro dello stesso globo;

                   ma poiché quella materia densissima non era sufficiente per riempire tutto quello
                   spazio, per non lasciare uno spazio così grande inutilizzato e vuoto, prese quella
                   massa  pesante  e  informe  (indigestamque)  che,  compressa  dalla  sua  gravità,
                   aveva occupato uno spazio angusto, e con le sue innumerevoli particelle più o
                   meno rarefatte formò quei quattro corpi che in seguito chiamammo elementi. Di
                   questi, quello più grave e denso rimase com’era prima e non si mosse dal luogo
                   in cui si trovava in precedenza, e così la terra rimase nel centro; e similmente i
                   corpi più gravi furono situati più vicini al centro. Dei corpi costituiti da questa
                   materia, si dicono più densi quelli che contengono più particelle di materia nella
                   stessa mole; e i più densi furono anche i più gravi».     128




          La minaccia degli elementi



          Ma,  se  è  palese  l’atmosfera  di  novità,  ancorché,  come  abbiamo  detto,

          Galileo  già  assai  prima  del  Dialogo  avesse  elaborato  i  pilastri
          fondamentali  della  sua  nuova  fisica,  quali  vengono  esposti  nelle  due
          successive giornate, non mancano tesi che non suonano tanto nuove e

          che inducono a porsi anche domande di segno contrario: le idee della sua
          gioventù, che tanta rilevanza hanno nel campo della cosmologia, fino a

          che  punto  continuano  a  essere  presenti  nel  suo  pensiero  quale  trova
          espressione nel Dialogo?

          Quando ci si pone questo interrogativo, risulta evidente che il Dialogo,
          quale  è  stato  pubblicato  e  quale  è  giunto  fino  a  noi,  comporta  un

          sorprendente paradosso. Il suo tema è quello «più degno di studio», la
          più  importante  delle  questioni  naturali,  cioè  «il  sistema  o  costituzione
          dell’universo»,  la  «cosmologia».  E  tuttavia,  quando  terminiamo  di

          leggere  il  libro,  non  siamo  in  grado  di  descrivere  chiaramente  la  sua




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