Page 59 - Galileo Galilei - Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo
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parlare  di  collocazione  ottimale  se  non  in  uno  spazio  delimitato.  In
          realtà, nella cosmologia galileiana le stelle formano un ambito differente:

          restano  in  una  lontananza  indefinita,  come  il  fondale  ultimo  sopra  il
          quale possiamo osservare i movimenti dei pianeti che in tal modo, data

          la  loro  separazione  spaziale,  a  loro  volta  conformano  un  ambito
          chiaramente delimitabile. E, infine, c’è il mondo sublunare o terrestre.

          D’altro canto, però, non abbiamo neppure un’idea molto chiara di quale
          sia  la  struttura  del  mondo  sublunare  nella  cosmologia  copernicana  di

          Galileo. In questo caso, tuttavia, non è che Galileo si senta frustrato o
          incapace di decidere: si tratta piuttosto di un punto su cui Galileo sembra
          dare  per  scontato,  senza  apparenti  problemi,  più  di  quel  che  dice.  E

          soltanto i riferimenti marginali o perlomeno indiretti ci danno modo di
          chiarire  la  questione.  Sebbene  «chiarire»  sia  dire  molto,  perché  noi  ci

          imbattiamo invece in problemi molto ardui.
          Abbiamo visto che nel De motu del 1590 Galileo istituisce una relazione
          genetica  tra  una  struttura  della  materia  corpuscolare  o  perlomeno

          compatibile  con  un  certo  corpuscolarismo  o  atomismo,  e  la  teoria  dei
          quattro  elementi  e  del  loro  ordinamento  cosmico  in  sfere  del  mondo

          sublunare. Sarebbe certo opportuno esaminare il testo con assai maggior
          attenzione di quanto ho potuto farlo finora, ma dubito che nel Saggiatore

          del Galileo maturo, che è l’opera in cui egli espone la sua celebre teoria
          corpuscolare della materia, vi sia qualcosa che contraddica apertamente e

          definitivamente  la  suddetta  compatibilità  o  la  struttura  elementare  del
          mondo sublunare.         135  In ogni caso, ciò che però in effetti qui mi interessa,

          è la continuità di questi punti nel Dialogo.
          Abbiamo già fatto notare che nel De motu si ha una chiara tensione tra

          l’influenza  di  Aristotele,  che  già  viene  criticato  apertamente,  e
          Archimede, che è colui che fornisce il modello del comportamento dei
          corpi  del  mondo  sublunare.  Ebbene,  nella  cosmologia  del  Dialogo  è

          presente una tensione simile, ed è quella che contrappone la concezione
          del  mondo  sublunare,  ereditata  dal  De  motu,  ai  princìpi  della  nuova

          fisica che Galileo ha successivamente elaborato. Il problema si complica
          per  il  fatto  che  il  conflitto  presente  nel  De  motu  emerge  qui  senza

          risolversi, dato che la conversione al copernicanesimo non fornisce una
          soluzione definitiva alla problematica della natura del mondo sublunare

          e del comportamento dei suoi componenti. Anzi, complica la conoscenza
          che  avremmo  potuto  presumere  di  avere  circa  l’ambito  del  mondo





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