Page 461 - Galileo Galilei - Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo
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affermazione è esatta, è del tutto secondario e, in Galileo, non è posto come tale. Per il
resto, nella contestazione di Sagredo le cifre si combinano come ritiene sia «corretto»
Drake, sicché pare che dobbiamo scartare l’idea che si tratti di una «confusione» di
Galileo.
95 Possiamo vedere qui un primo momento di quella tecnica di rappresentazione e
analisi infinitesimale di cui Galileo si servirà trattando il moto accelerato nei Discorsi
(Opere, VIII, pp. 240 ss., specialmente pp. 242-243), dove utilizza nuovamente questa
dimostrazione. Però, come segnala Galluzzi (Galluzzi, 1979, pp. 343 ss.) mentre qui, nel
Dialogo, Galileo si mostra più prudente quanto al modo di esprimersi, nell’affermare
l’equivalenza tra le «infinite linee» e la «superficie del triangolo» e, più avanti, «la
superficie del parallelogramma», con locuzioni come «rappresenta» e «viene a essere»,
nello Scholium al Problema IX dei Discorsi (Opere, VIII, pp. 242-245), già dice
chiaramente che tali parallele, per il fatto di essere infinite, allo stesso modo con cui
sono infiniti i punti di AC e gli istanti di un tempo qualsiasi, «daranno origine alla
superficie stessa del triangolo», per poi soggiungere che i gradi di velocità formeranno
un aggregato simile al parallelogramma ADBC. A questo punto, si presentano gravi
difficoltà e paradossi relativi alla composizione del continuo e al confronto di infiniti.
L’infinito AB è senza dubbio maggiore dell’infinito AC. Come possono corrispondersi
biunivocamente i punti delle linee perpendicolari e inclinate unendosi nelle rette
parallele alla base? Infatti, Cavalieri, autore della fondamentale Geometria
indivisibilibus continuorum nova quadam ratione promota…, Typis Clementis Ferronii,
Bonomiae, 1635, che nel corso del 1634 discusse queste tematiche nella sua
corrispondenza con Galileo prima che questi desse per conclusa la redazione dei
Discorsi, già aveva richiamato la sua attenzione sull’illegittimità di passare
dall’affermazione della «equivalenza» tra l’infinità di paralleli e la superficie,
all’affermazione che le parallele «generano» o «costituiscono» la superficie. Un errore
che sicuramente fu commesso anche da Keplero nella gestazione della sua seconda
legge: «Sapendo che i punti dell’eccentrico sono infiniti, e le loro distanze infinite, mi
venne l’idea che tutte queste distanze fossero contenute nel piano dell’eccentrico.
Ricordai infatti che un tempo anche Archimede, cercando la proporzione della
circonferenza al diametro, aveva diviso il cerchio in infiniti triangoli» (Keplero,
Astronomia Nova, III, cap. 40, in Gesammelte Werke, vol. III, p. 264). Nel caso di
Keplero, però, è quasi una regola che gli errori siano fecondi e compensati da altri. Né
manca di interesse che Keplero si appoggi su quello che per Galileo era il «divino
Archimede».
96 Galileo aveva già enunciato l’isocronismo del pendolo in una lettera a Guidobaldo del
Monte del 29 novembre 1602 (Opere, X, pp. 97-100). Il suo primo biografo Viviani,
con quello che è senza dubbio un eccesso apologetico, data questa scoperta al 1583,
quando Galileo non aveva neppure vent’anni ed era semplicemente uno studente acuto
che stava penetrando nei misteri della geometria. Naturalmente è una falsità, ma se la
guida del Duomo di Pisa è cortese, ti racconta una storiella davanti a una lampada che,
con la sua oscillazione, avrebbe ispirato Galileo.
97 Ossia è un pendolo dalla corda, sempre più breve.
98 «Il moto annuo della Terra obbliga i copernicani ad affermare la rotazione diurna di
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