Page 460 - Galileo Galilei - Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo
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Nel testo, come si è visto, viene dato il valore più esatto: 3 ore, 22 minuti, 4 secondi.
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È una conseguenza immediata del teorema mertoniano della velocità media che
Salviati ha appena enunciato dopo averlo fatto già in precedenza (si veda la nostra nota
20 alla Giornata prima). Galileo lo introduce nei suoi Discorsi come Teorema primo,
Proposizione I: «Il tempo in cui uno spazio dato è percorso da un mobile con moto
uniformemente accelerato a partire dalla quiete, è eguale al tempo in cui quel medesimo
spazio sarebbe percorso dal medesimo mobile mosso di moto equabile, il cui grado di
velocità fosse subduplo [la metà] del grado di velocità ultimo e massimo [raggiunto dal
mobile] nel precedente moto uniformemente accelerato», Giornata terza, Opere, VIII, p.
208, trad. it. Galilei, 1958, p. 192). Ma poco più sotto, Galileo lo dimostra ricorrendo
all’analisi e rappresentazione infinitesimale.
93 Questo esperimento mentale si trova già in Alberto di Sassonia e Nicola di Oresme.
Quest’ultimo lo paragona esplicitamente al caso del pendolo. In seguito, divenne un
argomento classico di discussione di varie questioni, per cui è difficile stabilire se
Galileo trasse ispirazione da un determinato autore, e da chi. In ogni caso, egli non lo
introduce qui con lo stesso scopo di Oresme, che voleva determinare l’impetus derivato
dall’accelerazione, separandolo dalla gravità del corpo. Si veda Clagett, 1972, pp. 607-
612, e Duhem, 1958, VIII, pp. 298 ss.
94 A quanto pare, non vi riuscì del tutto. Drake afferma a questo punto che, per essere
congruente con la spiegazione del testo, la successione dei numeri a margine dovrebbe
cominciare da 0, includere solo un 10 e concludersi con un altro 0. Così facendo, dice, il
numero di intervalli sarebbe 20, come dev’essere, e la somma dei numeri sarebbe 100. E
accusa Galileo di aver confuso i numeri di intervalli con i numeri che rappresentano la
velocità alla fine di ogni intervallo.
A mio giudizio, la critica è pertinente solo nel senso che le cifre di Galileo non danno
come somma 100, come dovrebbero, bensì 110. Ciò nonstante, credo che la successione
numerica della tabella esemplifichi perfettamente ciò che Galileo vuole dire qui (non
dimentichiamo che si tratta di una comparazione con il caso del pendolo). Secondo me è
chiaro che non si deve intendere che entrambi i dieci debbano sommarsi; tutt’e due si
riferiscono allo stesso punto, sia nello spazio sia nella gradazione della velocità, come
pure nel tempo. Ed è un punto privilegiato; nello stesso senso in cui lo è il punto più
basso del percorso del pendolo. Orbene; hanno lo stesso referente, ma significati diversi:
il primo indica la conclusione di un processo, quello di accelerazione, mentre il secondo
indica l’inizio di un altro processo, quello della decelerazione. Credo pertanto che non
debbano sommarsi; in tal caso, risulta chiaro che la numerazione dà un’idea chiara del
processo, quale lo concepisce Galileo. Il primo numero 1 rappresenta effettivamente il
punto conclusivo di un processo di accelerazione che culmina con il grado di velocità 1,
mentre l’ultimo «1» rappresenta l’inizio dell’ultima parte dell’altro processo, vale a dire
il punto in cui il grado di velocità 1 che resta al corpo comincia a decrescere verso 0.
Soltanto il «10» rappresenta la conclusione di un processo di accelerazione e l’inizio di
un altro processo di decelerazione. È questo che Galileo vuole sottolineare ripetendo la
cifra. Nella terminologia di Drake, esso significherebbe la conclusione dell’intervallo
decimo e l’inizio dell’undicesimo, e pertanto la sua somma darebbe 20, e i gradi di
velocità darebbero anch’essi 100. Ma il problema del numero di «intervalli», se la mia
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