Page 458 - Galileo Galilei - Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo
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che stabilisce la proporzione tra l’accelerazione e il tempo. Si veda Opere, VIII, pp. 203
          e 204. Già Koyré ha fatto notare che, quando Galileo respinge il proprio errore, la sua
          argomentazione risulta fallace (Koyré, 1966, p. 106).
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             Ossia, a partire dal numero 1.
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             Si veda Aristotele, Fisica, IV, 8, 216a 12-16. E, in termini ancora più concisi: «Se un
          dato peso si muove per un dato spazio in un dato tempo, un peso eguale al primo più
          qualcosa lo farà in un tempo minore, e la proporzione che c’è tra i pesi si ripeterà, nel
          rapporto inverso, per i tempi; ad esempio, se metà dal peso si muove in questo dato
          tempo, un peso doppio del primo si muoverà nella metà di quel tempo» (De caelo, I, 6,
          273b  30-274a  3;  trad.  it.,  Aristotele,  1962,  pp.  39,  41).  La  mitologia  positivistica,
          fondandosi su un testo del primo biografo di Galileo, il suo discepolo Viviani (Opere,
          XIX, p. 606), diede alimento alla diceria che Galileo avesse provato la falsità di questa
          tesi  con  un  presunto  esperimento  pubblico,  compiuto  in  gioventù  dalla  torre  di  Pisa,
          dimostrando  che  due  palle  della  stessa  materia  e  peso  diverso  giungono  a  terra
          contemporaneamente. Oggi però non c’è dubbio che, nel 1589, all’epoca del De motu,
          Galileo non compì né ideò alcun esperimento del genere. Inoltre egli dice esplicitamente
          che  «chiunque  compia  l’esperienza,  scoprirà  che  non  si  verificano»  le  tesi  che  ha
          formulato, tra le quali quella che ci interessa qui della caduta simultanea (Opere, I, p.

          273). La sua confutazione di Aristotele e la prova che i due corpi cadono con la stessa
          velocità  fu  di  tipo  logico,  con  un  argomento  impiegato  già  da  Giovanni  Battista
          Benedetti nel 1585, secondo il quale se, di due corpi omogenei, il più pesante cadesse
          più rapidamente, si avrebbe il paradosso che, uniti, cadrebbero più lentamente perché il
          piccolo rallenterà il maggiore, affermazione ridicola, dice Galileo (Opere, I, pp. 263-
          265). Egli riprenderà in seguito questo argomento nelle sue postille del 1633 al libro
          Esercitationi filosofiche di Antonio Rocco filosofo peripatetico (Opere, VII, p. 791) e
          nei Discorsi nel 1638 (Opere, VIII, p. 107). Ciò, naturalmente, non significa che Galileo
          non compisse altri esperimenti, oltretutto abbastanza precisi, di cui oggi nessuno dubita;
          significa soltanto che la storia della scienza non è sempre in stile hollywoodiano.
          88  Nell’opera di Galileo ci si imbatte in tre testi che fanno riferimento alla rapidità di
          accelerazione dei corpi in caduta, e tutti e tre si trovano nel Dialogo, sebbene uno di essi
          risulti aggiunto in un secondo tempo da Galileo nel suo esemplare. Il primo, A), si trova
          in Opere, VII, p. 46, e dice che una palla di cannone, «in manco di dieci battute di polso
          passerà più di dugento braccia di altezza». Il secondo, B), è quello del presente passo,

          secondo il quale il corpo scende «di cento braccia in cinque minuti secondi d’ora». Il
          terzo, C), aggiunto da Galileo nel suo già menzionato esemplare (Opere, VII, p. 54),
          afferma che una palla di piombo «in quattro battute di polso aver passato più di 100
          braccia  di  spazio».  Se  ammettiamo  che  un  braccio  equivalga  a  circa  56  centimetri  e
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          supponiamo  72  pulsazioni  al  minuto,  il  valore  di  A)  equivale  a  circa  300  cm/sec   e
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          quello  di  B)  a  425-450  cm/sec .  Se  interpretiamo  il  «più  di»  di  A)  con  una  certa
          generosità,  possiamo  ritenere  equivalenti  A)  e  B);  nel  migliore  dei  casi,  però,  sono
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          valori  inferiori  di  un  buon  50%  alle  misure  moderne  (980  cm/sec ).  Invece  C),
          supponendo  72  pulsazioni  per  minuto,  equivale  a  960  cm/sec2,  valore  assai  vicino  a
          quello  esatto.  Già  poco  dopo  la  pubblicazione  del  Dialogo,  Baliani  e  Mersenne,  che
          erano sperimentatori scrupolosi, si mostrarono sorpresi di fronte ai valori pubblicati e



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