Page 456 - Galileo Galilei - Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo
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meccanico» – al quale, come è ovvio, allude il presente testo – tocca il culmine nella
Giornata seconda dei Discorsi, dove, al termine di una lunga evoluzione, si è
trasformato in un termine neutro usato in vari contesti in modi diversi. Nel caso della
bilancia, il momento di un corpo pesante varia con la distanza dal fulcro. Nel caso della
caduta lungo un piano inclinato varia con l’inclinazione del piano; nel caso del
movimento naturale e della percussione, varia con la velocità. Ma questa evoluzione è in
intima relazione con lo sviluppo delle idee di Galileo sul moto locale. In un primo
momento, Galileo crede di poter fondare la sua scienza del moto naturalmente
accelerato a partire dal modello statico sviluppato nelle opere citate. Sviluppa così il
concetto di momentum velocitatis a partire dal momento di gravità. In questo contesto, il
momento di velocità che viene introdotto in luogo di «grado di velocità» si riferisce alla
velocità massima (o velocità finale) corrispondente a un determinato momento della
gravità raggiunto dal corpo in caduta libera a una certa distanza dalla posizione di
quiete. Però Galileo, probabilmente nel periodo intercorso tra il Dialogo e i Discorsi, è
andato assumendo consapevolezza della sua incapacità di fornire una giustificazione
dell’accelerazione valida per tutti i corpi muovendo dalla gravità come causa di moto, e,
da questo momento in poi, il concetto di momento di velocità va sviluppandosi in
maniera autonoma, senza riferimento alla gravità e ai suoi «momenti». Sviluppo, questo,
che compare nella Giornata terza dei Discorsi dove, sia detto di passaggio, viene
equiparato al gradus velocitatis e, a volte, all’impeto di velocità. E qui, si vede
concretamente che i momenti di velocità sono raggiunti con il tempo della caduta e non
con la distanza. In ogni caso, però, senza rapporto alcuno con la gravità, dal momento
che la velocità è «innata». Con l’introduzione dell’analisi infinitesimale, il termine
assume diverse sfumature. Come dice Galluzzi, «Ogni momentum velocitatis opera in
un istante di tempo e può essere considerato una quantità di distanza (costante o
crescente) che si somma alle precedenti. L’analogia tra i momenta velocitatis e gli spazi
percorsi con tali momenta in tempi eguali è fortissima. Il momentum velocitatis è, in un
certo senso, la “cerniera” tra il tempo e lo spazio» (Galluzzi, 1979, p. 371; corsivo
nell’originale). Galluzzi richiama l’attenzione anche su un altro passo nel quale Galileo,
invertendo il punto di vista iniziale, vorrebbe utilizzare «l’analisi infinitesimale, che ha
reso conto del rapporto tra la crescita dei momenta velocitatis e lo scorrere del tempo
[…] anche per spiegare l’incremento del momento di gravità che si verifica nella caduta
libera» (Ibid., pp. 403 e 407).
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Galileo che, a partire dalla sua impostazione archimedea del De motu, aveva già
respinto la distinzione aristotelica tra grave e leggero, definisce questo e altri termini
affini nelle Mecaniche e specialmente nel Discorso intorno alle cose che stanno in su
l’acqua. Il «peso specifico» è da lui definito come segue: «chiamo egualmente gravi in
ispecie quelle materie, delle quali eguali moli pesano ugualmente». Il peso assoluto è
invece da lui definito così: «Ma egualmente gravi di gravità assoluta chiamerò io due
solidi li quali pesino egualmente, benché fossero diseguali» (Opere, IV, p. 67).
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Vari autori segnalano diverse imprecisioni, ma neppure qui riescono a mettersi
d’accordo sulla valutazione globale dell’argomento. C’è comunque un aspetto che
sembra chiaro. Prima di introdurre l’analogia della bilancia, Galileo studiava il caso di
ruote di diametri diversi con la stessa velocità angolare. Ora, però, presenta il caso di
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