Page 454 - Galileo Galilei - Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo
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galileiana, senza però essere d’accordo tra loro. Anzi, le loro premesse possono risultare
affatto opposte. Koyré afferma che se Galileo non ammette che la forza di gravità possa
essere vinta dalla forza centrifuga, è perché non mette l’una e l’altra sullo stesso piano.
La prima è costante e naturale, la centrifuga aggiunta e violenta. Non esistono corpi che
non pesino, ragion per cui la loro traiettoria di fuga non sarà mai rettilinea. Pertanto, il
movimento rettilineo inerziale non esiste né può esistere (Koyré, 1966, pp. 268-276 ss.);
altri autori però non accettano né questa possibilità né il punto di vista di Koyré.
L’inesistenza in natura del moto inerziale non equivale alla negazione del principio di
inerzia rettilinea, insiste Sosio con Drake, i quali segnalano altri errori. Come
sottolineano Drake, Chalmers e Nicholas, l’errore di Galileo consiste nel fatto che,
senza giustificazione, interpreta in due modi diversi gli assi del suo diagramma. Da un
lato, le distanze lungo AB rappresentano tempi trascorsi mentre le distanze verticali
rappresentano velocità di caduta. D’altro canto, e in contraddizione con ciò, le distanze
lungo AB rappresentano distanze lungo la linea di proiezione e le verticali tra AB e
l’arco AP rappresentano la distanza dell’oggetto proiettato sulla superficie terrestre. La
figura di Galileo è quindi, in realtà, due diagrammi e non uno solo (Drake, in Galilei,
1967, p. 478; Chalmers e Nicholas, 1983, specialmente p. 321). Io credo che si possa
essere più incisivi di Koyré. È chiaro infatti che il carattere rettilineo del moto
centrifugo è connesso, per Galileo, al carattere aggiunto dell’impeto ricevuto, come
risulta chiaro in Opere, VII, p. 218. D’altro canto, è palese che la Terra, con la sua
rotazione, non trasmette impeto alcuno e tantomeno aggiunto. I corpi terrestri
possiedono in se stessi, in modo indelebile ed eternamente, il moto diurno per natura,
vale a dire un moto circolare. E lo possiamo vedere nella confutazione degli argomenti
della torre e della nave e in quelli basati sugli spari di cannone, soprattutto i verticali. È
quanto viene ripetuto più volte in tutto il Dialogo. Come dunque prendere sul serio la
tesi che questo moto naturale, eterno e circolare dei corpi terresti provochi, in questi
stessi corpi, un moto violento, aggiunto e rettilineo? Non c’è traiettoria di fuga, né
rettilinea né di altra categoria. Orbene, dato che gli aristotelici – e tutti i non copernicani
– non credono nella natura del moto circolare dei corpi terresti, è opportuna una
dimostrazione geometrica che, a partire dalle proprie premesse, mostri l’erroneità
dell’argomento tradizionale dell’autodistruzione del globo terrestre a opera della forza
centrifuga. Sarebbe questo, se non mi sbaglio, il senso vero di questa problematica
argomentazione di Galileo, ed è qui che acquistano rilevanza gli errori della
dimostrazione geometrica.
67 Galileo si richiama qui ai testi aristotelici indicati nella nota 65. Nei Discorsi (Opere,
VIII, pp. 106-107) Galileo sarebbe tornato sulla questione dimostrando e illustrando
l’errore di Aristotele a partire dalla stessa tesi che aveva esposto nel De motu, di cui
nella nota precedente (cioè, Opere, I, pp. 262 ss.).
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«La sfera è tangente al piano in un punto».
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Secondo Drake, l’aristotelico autore della presunta prova che di seguito è esposta,
sarebbe Francesco Buonamici, che era stato maestro di Galileo a Pisa.
70 Archimede, Sulla sfera e il cilindro, Assunzione (postulato) 1. Si veda Archimede,
1974, p. 76.
71
«L’ignoto per mezzo di ciò che è ancora più ignoto».
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