Page 449 - Galileo Galilei - Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo
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Fermat criticò questo passo del Dialogo facendo notare che la traiettoria doveva essere
          una spirale di secondo grado, e Pierre Carcavy lo comunicò a Galileo. Questi accettò la
          critica  ma  eluse  il  problema:  «E  sebene  nel  Dialogo  vien  detto,  poter  esser  che
          mescolato il retto del cadente con l’equabile circolare del moto diurno si componesse
          una  semicirconferenza  che  andasse  a  terminar  nel  centro  della  terra,  ciò  fu  detto  per
          scherzo,  come  assai  manifestamente  apparisce,  mentre  vien  chiamato  un  capriccio  et
          una bizzarria, cioè iocularis quaedam audacia. Desidero per tanto in questa parte esser
          dispensato, e massime tirandosi dietro questa, dirò, poetica finzione quelle 3 inaspettate
          conseguenze»  (Lettera  a  Carcavy  del  5  giugno  1637,  Opere,  XVII,  p.  89).  A
          quest’epoca,  Galileo  aveva  già  stabilito  il  carattere  parabolico  della  traiettoria  dei

          proietti. Quando, l’anno successivo, pubblica i Discorsi e fa nuovamente allusione al
          problema,  non  riappare  l’affermazione  della  traiettoria  semicircolare,  ma  neppure  vi
          appare un qualche riferimento ironico, e neppure una ritrattazione esplicita della tesi.
          Galileo,  oltre  a  dimostrare  che  la  traiettoria  descritta  da  un  proiettile  sparato
          orizzontalmente  è  una  parabola  e  che  i  due  componenti  del  suo  movimento  sono
          indipendenti, si limita ad aggiungere che «andando questi [i proiettili delle artiglierie] a
          terminar nella superficie del globo terrestre, ben potranno solo insensibilmente alterar
          quella  lingua  parabolica,  la  quale  si  concede  che  sommamente  si  trasformerebbe
          nell’andare a terminar nel centro» (Opere, VIII, p. 275). E di più non dice. Non è facile
          stabilire  la  portata  di  questa  autocritica.  Comunque,  è  difficile  supporre  che  Galileo
          presentasse la sua teoria della caduta semicircolare come un semplice scherzo. È chiaro
          in ogni caso, come risulta dalle critiche mossegli, che i suoi contemporanei non intesero
          la cosa in questo modo. Per questo problema e i riferimenti relativi, si può vedere la
          particolareggiata analisi fatta da Koyré nello studio citato (1955, pp. 329 ss.).
          50   Già  Tartaglia  era  giunto  alla  conclusione  che  l’inclinazione  di  45°  era  quella  che

          rendeva possibile i tiri di maggior gittata. Galileo lo dimostra nei Discorsi (Opere, VIII,
          p. 296).
          51   Si  tenga  presente  che  lo  strumento  che  qui  si  maneggia  è  una  balestra.  Quando
          Galileo parla di «arco», non si riferisce quindi tanto allo strumento quanto alla molla
          della balestra, che aveva la forma di un arco o, ciò che è lo stesso, alla tensione della
          molla stessa. Pertanto, per una corretta comprensione del passo, dove si parla di arco si
          deve intendere o la «molla» o, per lo più, semplicemente la «tensione» alla quale questa
          è sottoposta, che equivale alla «gagliardia» di Galileo.
          52
             Si veda quanto è detto qui nella nota 7 al Prologo «al discreto lettore».
          53
             Quest’idea si trova in un trattato, di un gesuita, Clemente Clementi, come del resto
          indica il titolo del trattato stesso: Encyclopaedia amplissimo Scipioni card. Burghesio
          dedicata,  explicata  et  defensa  centum  philosophicis  assertionibus  a  Clemente  de
          Clementibus in Collegio Societatis Iesu, Mascardi, Roma, 1624, p. 57.
          54  Ci sono qui vari punti meritevoli di attenzione. In primo luogo, va sottolineato che
          non si ha a che fare con la composizione di due moti rettilinei (che nel caso dei proietti
          dà come risultato una parabola) e neppure con la composizione di due moti «violenti»,

          risultante da un «impeto». Solo il moto verticale dovuto allo sparo è violento. Il moto
          della palla verso levante dipende dalla Terra ma non si tratta senz’altro di un moto di
          estrusione, la cui esistenza è negata più avanti da Galileo, bensì di un moto «circolare» e



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