Page 445 - Galileo Galilei - Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo
P. 445

punto da risultare quantomai sorprendente – è più prudente che a dirlo sia Sagredo e che
          Salviati si mostri più cauto.
          31  È opportuno sottolineare la grande rilevanza di questa domanda dal punto di vista
          storiografico,     soprattutto     dalla    prospettiva     kuhniana      del    cambiamento        e
          incommensurabilità  dei  paradigmi.  Se  ci  atteniamo  alla  domanda  che  viene  posta
          nell’ultimo  dialogo  tra  Sagredo  e  Simplicio,  nei  termini  della  verità  che  brilla  e  si
          impone  per  se  stessa  e  della  inconcepibile  stupidità  del  non  vederla,  come  pure  al

          riferimento  platonico  all’identificazione  tra  bellezza  e  verità  che  continuamente  fa
          Sagredo,  è  chiaro  che  Galileo  non  è  uno  spettatore-autore  che  possa  essere  neutrale
          come  lo  storico  distaccato.  È  però  evidente  anche  che  Galileo  aveva  chiara
          consapevolezza  della  radicalità  del  cambiamento  che  intendeva  introdurre,  delle
          difficoltà di vario tipo che esso comportava e le quali, in ultima istanza, richiedevano un
          cambiamento radicale. In ogni caso, è ovvio che qui vengono a porsi inevitabilmente
          importanti problemi come il rapporto della retorica con l’argomentazione scientifica: si
          può prescindere dalla retorica? E perché? (Finocchiaro, 1980, tratta estesamente questo
          problema.) E, sebbene la risposta alla domanda di Sagredo non sia tanto chiaramente
          affermativa quanto questi dà a vedere, ci si pone il problema di stabilire fino a che punto
          il  paladino  di  un  nuovo  paradigma  determinato  possa  «dominare»  e  maneggiare  il
          precedente paradigma del suo oppositore nel quale ha creduto e secondo il quale ha
          lavorato per un certo tempo. In altre parole, fino a che punto in quel dialogo tra sordi
          che  è  la  incommensurabilità,  è  sufficiente  che  esista  solo  un  sordo.  Nella  nostra

          Introduzione abbiamo addotto ragioni per pensare che, almeno in alcuni punti, Galileo
          sembri  oscillare,  senza  darsene  per  inteso,  tra  la  vecchia  e  la  nuova  fisica.  Si  veda
          l’Introduzione, pp. 104-06.
          32
              Galileo  ricorre  ancora  una  volta  a  quest’uso  peculiare  delle  virgolette  senza  citare
          testualmente ma parafrasando, riassumendo o sintetizzando l’essenziale di ciò che gli
          interessa. In questo caso, sembra ovvio che alluda a De caelo, II, 14, 296a 30-31.
          33
              Nell’edizione  originale  si  legge  «nel  cap.  6».  Ma  nell’esemplare  di  Galileo
          precedentemente menzionato, il «6» è corretto con un «14», ancorché non sia certo che
          sia di mano di Galileo. Il testo appartiene effettivamente al De caelo, II, cap. 14, 296b 1-
          6. Simplicio ha riprodotto questo testo quasi letteralmente qualche pagina prima (Opere,
          VII,  150):  «Secondariamente,  tutti  gli  altri  mobili  di  moto  circolare  par  che  restino
          indietro  e  si  muovano  di  più  di  un  moto,  trattone  però  il  primo  mobile:  per  lo  che

          sarebbe  necessario  che  la  Terra  ancora  si  movesse  di  due  moti;  e  quando  ciò  fosse,
          bisognerebbe di necessità che si facessero mutazioni nelle stelle fisse: il che non si vede,
          anzi senza variazione alcuna le medesime stelle nascono sempre da i medesimi luoghi, e
          ne i medesimi tramontano».
          34   In  realtà,  sarebbe  opportuno  stabilire  fino  a  che  punto  questa  formulazione
          corrisponda  alla  lettera  del  testo  di  Aristotele,  ma  in  ogni  caso  tutto  lo  sviluppo
          dell’argomento è un po’ tirato per i capelli. È opportuno ricordare che la cosmologia
          aristotelica  integra  l’omocentrismo  di  Eudosso,  e  dove  si  parla  di  movimento  può
          intendersi sfera. In altre parole, il movimento della sfera più esterna spiegava il moto
          diurno del pianeta. All’interno di tale sfera, il movimento di un’altra, o la combinazione
          dei moti di altre  sfere,  spiegava  il  moto  proprio  del  pianeta  sullo  sfondo  delle  stelle




                                                          445
   440   441   442   443   444   445   446   447   448   449   450