Page 441 - Galileo Galilei - Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo
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nel famoso capitolo X, «Dall’ordine degli orbi celesti» del libro I del De revolutionibus,
          Copernico  si  ostinò  ad  affermare  la  problematicità  della  questione,  sostenendo
          apertamente la tesi di coloro i quali avevano suggerito che Venere e Mercurio potevano
          rivolgersi intorno al Sole, oltre a illustrare i vantaggi e l’armonia dell’eliocentrismo. Va
          a  tale  proposito  osservato  che  Galileo  si  sforza  di  passare  sotto  silenzio  il  problema.
          Tuttavia,  l’affermazione  da  lui  fatta  in  proposito,  e  cioè  che  i  periodi  dei  pianeti
          compresi  tra  la  Luna  e  Marte  –  vale  a  dire  Mercurio,  Venere  e  il  Sole  –  sono
          «conseguentemente maggiori», nel contesto geocentrico è falsa. Come ho già detto, i tre
          pianeti hanno un periodo medio di un anno; è dunque palese che l’intenzione di Galileo
          è di segnalare il punto debole della presunta sfera delle stelle fisse. Al di là delle sfere

          planetarie,  volta  per  volta  più  distanti  e,  di  conseguenza,  con  periodi  ogni  volta  più
          lunghi – quello di Saturno è di trent’anni – stava la sfera delle stelle fisse, lontanissima e
          tuttavia rotante a velocità quasi tre volte maggiore di quella della Luna – il più veloce e
          vicino  dei  pianeti  –  col  suo  periodo  di  sole  ventiquattr’ore.  In  questo  senso,
          l’affermazione  di  Galileo  sui  periodi  di  Mercurio,  Venere  e  Sole,  può  sembrare  una
          concessione  alla  tesi  opposta:  supponiamo  che  corrisponda  anche  al  vostro  criterio,
          quello  secondo  cui  quanto  maggiore  è  la  grandezza  della  sfera,  tanto  maggiore  è  il
          periodo,  ma  la  sfera  delle  stelle  demolisce  e  smentisce  il  vostro  ordine.  Il  problema
          consiste però pur sempre nello stabilire se effettivamente gli aristotelici o i geocentristi
          in  generale  sostenessero  quest’ordine  e  questo  criterio,  come  vuole  dare  a  intendere
          Galileo, cosa che è però assai dubbia. Abbiamo infatti visto qual era l’atteggiamento di
          Tolomeo anche nelle Ipotesi sui pianeti, la più cosmologica delle sue opere. Fu infatti
          Copernico,  dopo  aver  alluso  all’ordine  dei  pianeti  nel  suo  sistema  eliocentrico,  a
          sottolineare l’importanza di quel dato di fatto: «Troviamo così in questo ordinamento

          un’ammirevole simmetria del mondo e un sicuro nesso armonico fra il movimento e la
          grandezza degli orbi, quale altrimenti non è possibile trovare» (De revolutionibus, I, 10,
          in Copernico, 1975, p. 101). Nel sistema copernicano, l’ordinamento dei pianeti dal Sole
          centrale alle stelle fisse e la successione dei loro periodi sono i seguenti: è: Mercurio,
          trenta giorni; Venere, nove mesi; la Terra, con la Luna che si muove intorno a essa, un
          anno; Marte, due anni; Giove, dodici anni; Saturno, trent’anni; e infine la sfera delle
          stelle fisse che sta immobile. Pare dunque evidente che sia proprio Galileo, in nome del
          suo stesso copernicanesimo, quello che maggiormente apprezzava tale «armonia» delle
          sfere, applicando loro, fino a sopravvalutarla, questa idea di ordine per poter muovere
          critiche ai geocentristi.
          20  Galileo accenna qui alla soluzione che veniva data del problema della precessione
          degli  equinozi  (si  veda  la  nota  seguente)  mediante  l’aggiunta  di  una  nona  sfera.  Nel
          sistema  tradizionale  ci  si  serviva  di  sette  sfere  –  o  nidi  di  sfere  –  per  spiegare  il
          movimento dei sette pianeti conosciuti, e di un’ottava sfera per le stelle fisse, quella cioè
          che ruotava col periodo di ventiquattr’ore trascinando nel suo movimento tutte le altre.

          Per giustificare la precessione degli equinozi, si era introdotta una nona sfera; questa, la
          più esterna, veniva fatta ruotare in ventiquattr’ore sull’asse del polo celeste, trascinando
          tutte le altre, le interne, nel suo moto diurno. All’ottava, cioè quella delle stelle fisse, era
          attribuito il compito di riprodurre il lento spostamento del polo celeste per spiegare la
          precessione degli equinozi. La si faceva ruotare intorno all’asse dell’eclittica in modo




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