Page 444 - Galileo Galilei - Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo
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veda il primo titolo in margine di Opere, VII, 143): «La natura non opera con molte
cose quello che può operare con poche». È un’applicazione concreta del principio
generale che «la natura non fa nulla invano», che abbiamo visto usato nella Giornata
prima, e del quale già ci siamo occupati.
25 Vale a dire i pianeti non partecipano esattamente della rotazione diurna di
ventiquattro ore con cui si muovono le stelle fisse, bensì ritardano rispetto a esse, e
l’accumularsi di questo ritardo dà come risultato il loro movimento orbitale.
26 La frase tra virgolette non è una citazione testuale bensì una parafrasi da Aristotele,
De caelo, II, 14, 296a 24-297a 7.
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«Se tirasse di punto in bianco», dice il testo. Come spiega lo stesso Galileo nel suo
Trattato di fortificazione (Opere, II, p. 93), il «tiro di punto bianco» era lo sparo radente,
«il tiro paralello al piano, detto tiro a livello», «quasi che ad libellam», vale a dire con
inclinazione zero.
28 L’argomento basato sulla caduta dei gravi si trova già in Tolomeo, Almagesto, I, 7.
Copernico lo riprende e lo critica nel De revolutionibus, I, 7. L’argomento dei tiri in
direzione dei vari punti cardinali è una generalizzazione e un’attualizzazione degli
argomenti di Tycho Brahe nel suo Astronomicarum epistolarum liber, in Dreyer, a cura
di, Hafniae, 1919, pp. 218 ss.
29 Si tratta di Christian Wursteisen (1544-1588), teologo e matematico autore di vari
commenti a importanti opere di astronomia, in uno dei quali, quello a Peuerbach
intitolato Quaestiones novae in theoricas novas planetarum G. Peuerbachii (1568),
faceva grandi lodi a Copernico. Non risulta però che abbia difeso il copernicanesimo né
che abbia tenuto conferenze in Italia. Invece Christopher Wursteisen, probabilmente
figlio del precedente, fu professore alla facoltà di diritto di Padova a partire dal 1595 e
pare che abbia tenuto nella stessa Padova alcune conferenze sulla teoria copernicana.
Drake avanza l’ipotesi che forse Galileo si riferisca a quest’ultimo (Drake, 1988, pp. 71-
72). Comunque, non è facile stabilire fino a che punto il racconto su Cristiano Vurstisio
del testo possa considerarsi autobiografico.
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L’Errata corrige che è in fine dell’edizione originale, emendando un errore accorso in
questo passo, indica che si debba togliere l’e davanti a «non si potendo»; ma
nell’esemplare posseduto dalla Biblioteca del Seminario di Padova, nel quale la
correzione è eseguita di mano di Galileo, la e non è cancellata.
30 Galileo torna qui a servirsi della metafora da lui già utilizzata nel 1623 contro Orazio
Grassi. Nella sua critica a Galileo questi, sotto lo pseudonimo di Lotario Sarsi, si era già
servito, nel titolo della sua opera, dell’immagine della bilancia: Libra Astronomica et
philosophica. Come è noto, Galileo lo contestò con Il Saggiatore, spiegando che, dal
momento che Sarsi «nel ponderare egli le proposizioni del Sig. Guiducci, si sia servito
d’una stadera un poco troppo grossa, io ho voluto servirmi d’una bilancia da saggiatori,
che sono così esatte che tirano a meno d’un sessantesimo di grano: e con questa usando
ogni diligenza possibile, non tralasciando proposizione alcuna prodotta da quello, farò
di tutte i lor saggi» (Opere, VI, p. 220). È dunque evidente che qui Galileo si propone di
considerare la tesi dell’immobilità della Terra con la stessa precisione usata dal
saggiatore di metalli per provarne la purezza con la sua delicatissima bilancia. Ma,
avendo posto la questione in termini di vero o falso – un punto di vista arrischiato a tal
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