Page 439 - Galileo Galilei - Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo
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bosco. Un’altra versione della favola dice che volle sposarsi con Selene, amante di Zeus,
la quale questa volta si adirò e chiese a sua figlia Artemide di castigarlo. D’altra parte,
Zeus era un amante tutt’altro che facile da controllare. Acrisio aveva rinchiuso sua figlia
Danae in una torre di bronzo, però Zeus si trasformò in pioggia d’oro che cadde su
Danae e la fecondò; Danae mise al mondo Perseo. Quanto a Plutone, è il nome latino del
greco Hades, dio del mondo sotterraneo e re dei morti. Plutone si innamorò di Persefone
e la rapì con il consenso di Zeus che in seguito se ne pentì e pretese che la lasciasse
libera. Ma, siccome Plutone era un dio, giunsero a un compromesso, per cui Persefone
avrebbe trascorso con lui una stagione ogni anno. Per quanto riguarda Mercurio
«l’interprete», non si tratta del dio romano equivalente al greco Hermes; qui Galileo si
serve dell’equivalente latino di Hermes, ma per riferirsi a Ermete (Mercurio)
Trismegisto identificabile con il dio egizio Thot. Fino all’inizio del secolo XVII, Ermete
fu considerato autore del famosissimo Corpus Hermeticum, insieme di testi
fondamentali per la magia, l’astrologia e le scienze occulte in generale. Quanto al «ramo
d’oro», nel libro VI dell’Eneide Virgilio racconta che Enea, prima di scendere nel
mondo dei morti, su consiglio della Sibilla colse un ramo dorato da un albero che alcuni
interpreti, e tra essi Frazer, identificano con il vischio o loranto. Gli antichi affermavano
che il ramo di un certo albero del tempio di Nemi, santuario di Diana Nemorensis, era
appunto il ramo dorato di Enea. Come è ovvio, tutte queste favole erano interpretate in
chiave magica dagli alchimisti, per i quali ogni corpo celeste simboleggiava un metallo
o le manifestazioni tipiche della sua funzione.
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Secondo Sosio, si tratta di Fortunio Liceti, e l’opera cui si fa allusione è il suo De
hortu animae humanae.
8 Alessandro di Afrodisia, famoso commentatore e interprete di Aristotele, vissuto tra la
fine del II e l’inizio del III secolo d.C. Fu autore di un famoso Commento sul «De
anima» di Aristotele, che ebbe vasta eco sia nel Medioevo che nel Rinascimento. A
proposito del nous o parte razionale dell’anima umana, Alessandro distingueva tre
intelletti: intelletto fisico o ilico, intelletto in abito o acquisito e intelletto agente, esterno
all’uomo, e che era da lui identificato con l’intelletto che pensa eternamente se stesso,
cioè Dio, visto quindi come una forma separata che sussiste indipendentemente dalla
materia, cioè dal corpo dell’uomo. La parte individuale sarebbe invece mortale.
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Dopo le sue dodici fatiche, Ercole riuscì a mettersi nei guai con il re Eurito, uccidendo
suo figlio Ifito, impazzendo una seconda volta, commettendo soprusi con l’Oracolo di
Delfi e scontrandosi con Apollo, che naturalmente si adirò e ottenne l’intervento di
Zeus. Per scontare le sue malefatte, Ercole dovette vendere se stesso come schiavo per
tre anni. Fu comprato da Onfale, regina di Lidia e la favola vuole che l’eroe trascorresse
i suoi giorni vestito da donna, filando e cardando lana con le fantesche di Onfale, anche
se pare che non si dedicasse unicamente a questa attività. Comunque, la regina di Lidia
ne restò assai soddisfatta.
10 Il termine è qui ovviamente usato nell’accezione greca, in altre parole coincide con il
raccoglitore o collezionista di testi.
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«Al Broio», vale a dire «brolo» o «broletto», termini che designano sia la piazza
comunale in cui si riuniva l’assemblea del popolo, sia il palazzo municipale.
12 Può darsi che Galileo si riferisca qui al luogo in cui Aristotele, dopo aver commentato
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