Page 438 - Galileo Galilei - Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo
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a/a’=b/b’=c/c’=…=m/m’ risulterà che a/m=a’/m’.
La definizione 18 dice: «Date tre grandezze ed altre grandezze in ugual numero, si ha
una proporzione perturbata quando avviene che, delle prime grandezze, la prima sta alla
seconda come delle seconde grandezze la seconda sta alla terza, mentre, delle prime
grandezze, la seconda sta alla terza come delle seconde la prima sta alla seconda». In
altre parole, se i gruppi di tre grandezze sono a,b,c e d,e,f, risulta che a/b=e/f e b/c=d/e
(Euclide, 1970, pp. 305-306).
Ciò detto, è chiaro che quando Simplicio parla di metodo «triviale ordinato» e
«perturbato», sta riferendosi ai rapporti descritti rispettivamente nelle definizioni 17 e
18. Non è però meno evidente che le combinazioni di proposizioni decontestualizzate
dei testi di Aristotele, per dirla tutta, non hanno nulla a che vedere con ciò che dice
Euclide. La «logica» degli aristotelici nulla ha a che fare con i metodi del matematico.
In altre parole, Galileo sta ridicolizzando il modo di ragionare fondato sulle parole più
che sui concetti del peripatetico, la cui conoscenza di Euclide gli serve soltanto per
pronunciare parole sciocche a sproposito.
3 Si tratta certamente di Aristotele, De generatione animalium, V, 1, 780b 17-21: «La
stessa persona infatti messasi la mano davanti agli occhi o guardando attraverso un tubo
non distinguerà le differenze dei colori né meglio né peggio di prima, mentre vedrà più
lontano; e vi sono coloro che dalle caverne o dai pozzi talvolta vedono anche le stelle»
(Aristotele, Riproduzione degli animali, trad. it. di D. Lanza, in Aristotele, Opere, vol.
V, Universale Laterza, Roma-Bari, 1973, p. 312.
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È il calabrese Gioacchino da Fiore, vissuto nel secolo XII e che fu monaco cistercense.
Dante lo cita nel Paradiso, XII, 140-141: «Il calavrese abate Giovacchino, / di spirito
profetico dotato».
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Galileo formulò oroscopi, ma questo commento, che abbiamo visto nella Giornata
prima (Opere, VII, pp. 118-119), e altri presenti nella sua corrispondenza (Opere, XI,
pp. 108 e 115) sono un chiaro riflesso della sua opinione circa l’importanza e
affidabilità dell’astrologia. In ogni caso, il successivo intervento di Sagredo ci parla
chiaramente del contesto in cui la colloca. Se teniamo presente che Galileo nacque verso
la metà del secolo XVI, in pieno dominio delle scienze occulte che, quando fu dato alle
stampe il Dialogo, avevano da poco perduto la loro posizione di privilegio, risulta
palese l’enorme distanza dell’atteggiamento critico di Galileo nei confronti di quei
saperi. È chiaro che, con Galileo, ci troviamo in un’altra sfera concettuale, alla luce
della quale tutto l’occultismo appare ridicolo e senza alcun fondamento empirico o
teorico.
6
La Luna è una dea romana i cui miti sono semplicemente l’adozione di quelli della dea
greca Selene, personificazione dell’astro notturno. Sebbene amante di Zeus, in uno dei
suoi slanci si innamorò di Endimione con il quale si unì sul monte Latmos in Caria,
restandone talmente soddisfatta che ottenne da Zeus ciò che Endimione desiderava.
Questi voleva restare eternamente giovane e in stato di sonno ininterrotto, ma con gli
occhi aperti per vedere la sua amata ogni notte. Il grande cacciatore Atteone provocò la
collera di Artemide per essersi vantato miglior cacciatore di lei e averla sorpresa al
bagno; la dea lo trasformò in un cervo e lo fece sbranare sul monte Citerone dai suoi
stessi cani; questi, che non l’avevano riconosciuto, si misero poi a cercarlo per tutto il
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