Page 447 - Galileo Galilei - Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo
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va più cresce, / e maggior forza acquista».
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             Aristotele accenna alla difficoltà di spiegare la continuità del movimento dei proietti
          in Fisica, VII, 8, 226b 27 ss., passo nel quale compie un confuso tentativo di spiegare
          perché  i  proietti  continuino  il  loro  moto  una  volta  che  il  proiciente  abbia  cessato  di
          essere in contatto con essi, e non cadano obbedendo alla loro tendenza naturale verso il
          basso.  La  difficoltà  consiste  nel  fatto  che  essi  sembrano  violare  i  due  principi
          fondamentali della teoria aristotelica del movimento: 1) «tutto ciò che è mosso è mosso

          da altro», un «altro» che dev’essere in contatto con il proietto, dal momento che secondo
          Aristotele non esiste l’azione a distanza; e 2) quando cessa la causa, cessa l’effetto. È un
          testo  difficile  in  quanto  Aristotele,  dopo  aver  esaminato  varie  possibilità,  giunge  alla
          conclusione – e questo sembra evidente –  che solo il mezzo può essere  responsabile
          della continuità del moto del proietto, agendo come l’«altro», un contatto che continua a
          spingerlo rendendone possibile il movimento. È una spiegazione irta di difficoltà, come
          sapeva lo stesso Aristotele, e infatti in seguito vennero proposte spiegazioni alternative,
          che  ebbero  vasto  sviluppo  a  partire  dal  XIV  secolo.  (Si  veda  la  nostra  nota  23  alla
          Giornata prima.) Certo è che, al tempo di Galileo, in pratica tutti sostenevano l’una o
          l’altra  di  questo  alternative  e  quasi  nessuno  difendeva  l’iniziale  tesi  aristotelica  del
          mezzo. Perché dunque Galileo introduce qui un tema che sembra privo di validità? La
          mia ipotesi è che, unitamente ad altre ragioni, lo stesso Galileo è alle prese con difficoltà
          circa il ruolo del mezzo, vale a dire l’aria.
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             La citazione latina significa: «Ciò che non esiste non opera».
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             A tale proposito, si veda la nostra nota 23 alla Giornata prima e la 23 alla Giornata
          seconda.
          42  Le «ruzzole» di cui parla Galileo sono dischi di legno del diametro di una quindicina
          di  centimetri  e  dello  spessore  di  due,  con  bordi  scanalati  nei  quali  si  avvolge  una
          cordicella; tirando questa, il disco – in realtà una trottola – ruota e quando tocca il suolo,
          si  muove  velocemente.  A  volte  si  fa  tutt’oggi  a  gara  a  chi  lo  spinge  più  lontano.  Il
          funzionamento non è molto diverso dal moderno yo-yo.
          43  Galileo si riferisce al trattato pseudoaristotelico Questioni meccaniche, 8, 851b 15-

          852a 14.
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             Il gioco della palla a corda o, come si preferisce chiamarlo oggi, pallacorda, era forse
          affine al tennis, trattandosi di rimandare la palla con una sorta di racchetta in campo
          avverso. Il campo era notevolmente più vasto, con una linea centrale divisoria ma privo
          di rete. Il numero dei giocatori doveva essere lo stesso dalle due parti, senza però essere
          fisso.
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             L’Accademico, come già si è detto, è lo stesso Galileo, e il trattato a cui si riferisce
          Salviati è il De motu naturaliter accelerato, che costituisce l’ultima parte della Giornata
          terza dei Discorsi (Opere, VIII, pp. 197-267). Come abbiamo detto nell’Introduzione,
          oggi c’è un accordo generale sulla tesi che Galileo avrebbe elaborato la maggior parte
          dei teoremi della sua teoria del movimento destinati ad apparire in tale Giornata terza,
          tra il 1604 e il 1609. Le sue scoperte telescopiche, compiute all’inizio del 1610, che
          diedero inizio alla sua attività in difesa del copernicanesimo, segnano un’interruzione
          nella sua indagine sui problemi del movimento. Dopo la sua condanna, Galileo avrebbe
          ripreso questi materiali, riordinandoli per la pubblicazione nei Discorsi già nel 1638.



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