Page 453 - Galileo Galilei - Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo
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volta per tutte. L’aria deve essere invece spinta in ogni momento, altrimenti si sottrae,
resta indietro: ne è prova ciò che accade con gli elementi esterni. In altre parole, sulla
coperta tutti gli oggetti terrestri continuano a comportarsi allo stesso modo, ma l’aria
deve essere ovviamente vicina alla nave per poter essere spinta dalle irregolarità di
questa. Si potrebbe dire che l’aria che circonda la Terra nel caso specifico e l’atmosfera
terrestre non siano esattamente analoghe. Può darsi che sia così, ma si tratta comunque
di una «carenza» dell’argomento di Galileo, non di un’eccezione: una volta ancora,
Galileo avrebbe confuso aria o vento e atmosfera, ricorrendo a un esempio fuori luogo.
Più avanti, nella Giornata quarta, ci dirà che sono le montagne, vale a dire l’equivalente
delle anfrattuosità della nave, a spingere l’aria facendola muovere con la Terra. Da
quanto leggiamo, sembra evidente che gli uccelli che volassero molto in alto potrebbero
restare indietro, in quanto non sarebbero in grado di lottare contro l’aria, che non
parteciperebbe del moto diurno. Per quanto riguarda l’aria, si veda Introduzione, pp. 85
ss.
59 Cioè, l’equatore terrestre.
60 «Il nostro conoscere sia in qualche modo ricordare». Galileo insiste ancora su questa
reiterata affermazione.
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Favaro ricorda a questo punto che, nell’esemplare dell’edizione originale in possesso
di Galileo, oggi conservato nella Biblioteca del Seminario di Padova, «l’arco» risulta
corretto a penna con «dell’arco». Questa correzione, però, non è di pugno di Galileo.
Comunque, il significato del testo è chiaro e si riferisce alla tangente alla linea circolare
del moto, nel punto in cui si separa il proietto.
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Questo punto e queste esperienze sono gli elementi fondamentali su cui si fondano
coloro che sostengono che Galileo concepì il movimento inerziale rettilineo. Può vedersi
in merito l’Introduzione, pp. 105 ss., specialmente pp. 109-10, dove il lettore troverà gli
opportuni riferimenti.
63 Oggi diremmo che un solo esempio del contrario è sufficiente a confutare una teoria.
64 Abbiamo già visto (Introduzione, p. 53) che, dal De motu (Opere, I, pp. 254-260;
289-293; 346-366) in poi, Galileo aveva rifiutato la differenza tra corpi pesanti o gravi e
corpi leggeri, affermando che tutti i corpi sono gravi. A partire dal suo punto di vista
archimedeo, Galileo affermava che se un corpo si muove verso l’alto non è perché sia
leggero, bensì perché si muove in un mezzo relativamente più pesante, cioè che ha un
grado di pesantezza o densità maggiore di tale corpo.
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La lettera H, la quale nell’edizione originale manca nella figura, è stata aggiunta a
penna di mano di Galileo nell’esemplare, già più volte citato, di detta edizione, che è
oggi posseduto dalla Biblioteca del Seminario di Padova.
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È una tesi tipicamente aristotelica che potrebbe stare perfettamente in bocca a
Simplicio. Aristotele affermava infatti che la velocità di caduta di un grave è
proporzionale al suo peso, e si veda per esempio Fisica, IV, 8, 215a 25-28 e 216a 12-16;
De caelo, I, 273b 30-274a 3. Galileo la rifiuta nel De motu del 1590 (Opere, I, pp. 263-
265) con un argomento logico che riprende da Benedetti. In seguito, come è noto,
avrebbe dimostrato che il peso non ha nulla a che fare con questo problema, come ci
dice un po’ più avanti Salviati.
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Tutti i commentatori richiamano l’attenzione sull’erroneità della dimostrazione
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