Page 457 - Galileo Galilei - Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo
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due ruote di diverso diametro e con la stessa velocità lineare. Tuttavia, e per strano che
          possa sembrare, Galileo non sembra rendersi conto della differenza; sembra cioè non
          rilevare che se la velocità lineare dei due corpi è la stessa, la velocità angolare di C è
          molto  minore  e  pertanto  l’effetto  centrifugo  nell’uno  e  nell’altro  caso  non  sono
          paragonabili. Se così non fosse, se cioè la velocità angolare fosse la stessa, quando B si
          trovasse in G, C si troverebbe molto più al di là di H, con la conseguenza che il corpo C
          si allontanerebbe dalla sua circonferenza molto più che B dalla sua (Clavelin, 1968, pp.
          251-253).  Come  fanno  notare  Chalmers  e  Nicholas,  lo  si  può  vedere  nel  diagramma
          dello stesso Galileo, in base al quale è lecito concludere che «posto che DE è maggiore
          di  OI,  se  le  due  ruote  ruotano  con  la  stessa  velocità  angolare,  la  più  grande  subirà

          maggiori effetti dissipativi» (Chalmers e Nicholas, 1983, p. 327). Se teniamo presente il
          carattere naturale che Galileo attribuisce al moto circolare, che del resto è quello che
          mantiene l’ordine cosmologico, non risulta strano che Galileo trovi difficile accettare
          l’impostazione stessa del problema, cioè che tale moto possa causare perturbazioni (si
          veda anche la nostra nota 66). Quanto al trattamento corretto del moto circolare e della
          forza  centrifuga  –  proporzionale  al  raggio,  alla  massa  del  corpo  e  al  quadrato  della
          velocità  angolare  –  e  centripeta,  si  dovette  attendere  fino  a  Christian  Huygens,  che
          enunciò il teorema nel Horologium oscillatorum… del 1673 e pubblicò le dimostrazioni
          nel  De  motu  et  vi  centrifuga,  del  1703,  quando  Newton  aveva  già  sviluppato  la  sua
          indagine.
          79   Chalmers  e  Nicholas  fanno  notare  che  queste  affermazioni  di  Sagredo  non  si

          conciliano con l’argomentazione di Galileo e che sarebbe stato ovvio se questi avesse
          confrontato  velocità  angolari  come  in  principio  sembrava  che  stesse  per  fare.  I  due
          autori  suggeriscono  che  Galileo  fosse  disingenuous,  cioè  insincero,  nella  sua
          impostazione dei problemi.
          80  È il libro Diquisitiones mathematicae… di Johannes Locher. Si veda la nostra nota 83
          alla Giornata prima.
          81
             Si tratta di Scipione Chiaramonti, autore dell’Anti-Tycho. Si veda la nostra nota 48
          alla Giornata prima e l’Introduzione, pp. 68 ss.
          82  Si veda la nostra nota 48 alla Giornata prima.
          83  In questa espressione è implicita l’idea tradizionale delle sfere od orbi celesti, nelle

          quali erano infissi i pianeti, in questo caso la Luna. Galileo non crede più in tali sfere,
          ma a volte si serve ancora di questi termini che del resto erano d’uso comune.
          84  Secondo Drake il miglio tedesco equivaleva a 1/5400 dell’equatore.
          85   Come  abbiamo  già  accennato,  dallo  studio  dei  manoscritti  galileiani  è  apparso

          evidente che, tra il 1602 e il 1609, Galileo aveva praticamente scoperto tutti i teoremi
          sul moto locale che appaiono esposti deduttivamente nei Discorsi del 1638. Gli scritti
          dell’Accademico, cioè di Galileo, a cui qui si fa allusione, corrispondono a un suo testo
          intitolato Liber secundus in quo agitur de motu accelerato (Opere, II, pp. 261-266) che
          egli avrebbe in seguito accolto quasi tale e quale nei Discorsi (Opere, VIII, pp. 197 ss.).
          Il Liber secundus… è contemporaneo alla famosa lettera a Paolo Sarpi del 16 ottobre del
          1604, nella quale Galileo formula per la prima volta la celebre legge della caduta dei
          gravi,  pur  deducendola  da  un  principio  erroneo  secondo  il  quale  l’accelerazione  è
          proporzionale alla distanza di caduta. In seguito, avrebbe formulato il principio corretto



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