Page 46 - Galileo Galilei - Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo
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e postavi con quiete, perpetuamente quieterebbe, se nel primo caso si potessero
                   rimuovere tutti gl’impedimenti estrinseci, e nel secondo qualche causa motrice
                   esterna non gli sopraggiugnesse».     99


          È  un  principio  che  vedremo  riapparire  nel  Dialogo  e  che  Galileo  non

          giungerà  mai  ad  abbandonare.            100   Ma,  prima  di  concentrarci  su  questo
          punto,  dobbiamo  insistere  sul  fatto  che,  grazie  a  una  lettera  a  Castelli

          dell’1  aprile  1607,  sappiamo  che  Galileo  aveva  già  formulato  questo
          principio  unitamente  a  molte  altre  argomentazioni  centrali  della  sua

          fisica.  Tra  le  altre  cose,  Castelli  menziona  «la  definitione  del  moto
          dattami da V.S., cioè che il moto non sia altro che una mutatione di una

          cosa  in  relatione  a  un’altra».         101   Inoltre,  dallo  studio  dei  manoscritti
          galileiani portati in luce a partire dagli anni Settanta del secolo scorso,

          sappiamo che, tra il 1602 e il 1609, Galileo sviluppò l’essenziale della
          fisica destinata a essere pubblicata solo nelle sue grandi opere. Unanime

          è  l’accordo  sul  fatto  che  in  quegli  anni  Galileo  formulò  non  soltanto
          l’isocronismo del pendolo e la legge della caduta dei corpi,                       102  ma anche

          la composizione e indipendenza dei moti dei proietti, il principio della
          relatività del movimento e il già menzionato principio d’inerzia. In altre

          parole, prima delle sue scoperte telescopiche, Galileo aveva sviluppato la
          sua  fisica,  quella  nuova  fisica  che  rendeva  accettabile  e  sosteneva  il
          sistema copernicano: la fisica che espone in modo letterario nel Dialogo

          e  deduttivo  nei  Discorsi.  Ciò  nonostante,  non  mancano  numerose
          discussioni – e pare anzi che non siano destinate a terminare – circa la

          datazione  precisa  e  l’ordine  di  successione  di  tali  manoscritti  –  e,
          soprattutto,  circa  l’esatta  interpretazione  del  loro  contenuto;  a  volte,

          semplicemente,  alcune  cifre  od  operazioni  più  o  meno  in  correlazione
          con un disegno o senza. In ogni caso, possiamo esser certi che quando,

          nel 1610    103  e nel 1612,     104  sulla scorta delle sue scoperte astronomiche
          con  il  telescopio,  fa  le  prime  dichiarazioni  pubbliche  in  difesa  del

          copernicanesimo,  Galileo  aveva  già  colmato  la  maggior  lacuna  del
          sistema copernicano: aveva cioè elaborato una teoria fisica che rendeva

          comprensibile il movimento dei corpi del mondo sublunare su una Terra
          in movimento. Infatti, in una celebre lettera a Belisario Vinta, segretario
          del  Granduca  di  Toscana,  del  7  maggio  1610,  nella  quale  chiede  di

          essere  nominato  matematico  nonché  filosofo  della  corte,  elencando  i
          propri meriti, fa allusione alle sue opere in corso:






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