Page 44 - Galileo Galilei - Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo
P. 44

in uno spazio più angusto, occupassero anche spazi più piccoli, come sono quelli
                   più vicini al centro. Come se, per esempio, intendiamo che la natura, in quella
                   prima  compagine  del  mondo,  abbia  diviso  l’intera  materia  comune  degli
                   elementi in quattro parti uguali, e abbia poi attribuito alla forma della terra la sua
                   materia, e abbia poi fatto lo stesso con la forma dell’aria […], non era giusto che
                   la natura assegnasse un grande spazio all’aria e uno minore alla terra? Ma gli
                   spazi minori nella sfera sono quelli più vicini al centro, e quelli maggiori quelli
                   più lontani dal centro: fu dunque con saggezza e giustizia che la natura assegnò
                   alla  terra  il  luogo  più  angusto,  ossia  quello  più  vicino  al  centro,  e  agli  altri
                   elementi luoghi tanto maggiori quanto meno densa era la loro materia. Non direi

                   tuttavia che la materia dell’acqua sia tanto grande quanto quella della terra, e che
                   perciò  l’acqua,  essendo  più  rara,  occupi  luoghi  maggiori;  ma  solo  che,  se
                   prendiamo una parte d’acqua che pesi quanto una parte di terra e se, quindi, la
                   quantità di materia dell’acqua sia uguale a quella della terra, certamente quella
                   terra  occuperà  un  luogo  minore  di  quello  occupato  dall’acqua;  perciò
                   giustamente la terra dovrà essere disposta in uno spazio più angusto, ossia più
                   vicino  al  centro.  Perciò,  discorrendo  in  modo  simile  per  gli  altri  elementi,
                   troveremo una certa convenienza, per non dire necessità, in tale disposizione dei
                   corpi gravi e leggeri.»  95


          È questa la spiegazione del perché l’universo sublunare si costituì come

          una successione di sfere, in ordine di peso per unità di volume o densità,
          quella dell’elemento terra nel centro e, di seguito, verso l’esterno, quelle
          degli elementi dell’acqua, dell’aria e del fuoco. E questo è perfettamente

          compatibile con il comportamento dei corpi: il fuoco va verso l’alto non
          perché non pesi, vale a dire non perché sia leggero, bensì perché pesa

          meno dell’aria e questa dell’acqua, eccetera.
          Conviene qui sottolineare un altro punto. Nel De motu, Galileo non si

          occupa  del  mondo  celeste,  ma  ciò  nonostante  è  evidente  che  la  sua
          concezione del mondo sopralunare ormai non è più esattamente quella

          aristotelica, secondo la quale il mondo celeste sarebbe costituito dalle 55
          sfere eteree e solide, responsabili dei moti stellari e planetari. È ciò che
          dice appunto Galileo quando nega che il moto verso l’alto sia naturale.

          In Aristotele, ciascuno degli elementi, pesanti o leggeri, aveva una meta,
          un terminus ad quem, in altre parole si dirigeva con movimento naturale

          verso la sua sfera o luogo naturale. In concreto, dalla superficie terrestre
          il fuoco si dirigeva naturalmente verso l’alto. Galileo afferma l’esistenza

          di un unico moto naturale, verso il basso, e di un unico terminus di tale
          moto: il centro dell’universo. Invece, il moto verso l’alto non è naturale
          e  non  ha  un  terminus  verso  il  quale  muoversi.  Inoltre,  se  un  corpo

          giungesse alla sfera della Luna, dice Galileo, potrebbe continuare il suo



                                                           44
   39   40   41   42   43   44   45   46   47   48   49