Page 42 - Galileo Galilei - Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo
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comincia ad allontanarsi dal centro. Ciò porta Galileo ad affrontare il
caso e i problemi del moto circolare intorno al centro, un moto che,
come abbiamo detto, in quanto non si allontana da esso né si avvicina a
esso, non può definirsi né naturale né violento.
Nel De motu, Galileo si limita a considerare il caso di sfere omogenee ed
eterogenee il cui centro di rotazione coincida o no con il centro del
mondo. La domanda che Galileo si pone qui è se una sfera il cui centro
coincidesse con il mondo e ricevesse un impulso dall’esterno, si
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muoverebbe perpetuamente o no. Galileo rimanda però la risposta a
più tardi, perché ritiene necessario affrontare prima il moto dei proietti.
Fatto sta che, per spiegare il problema tradizionale del perché i proietti
continuino il loro moto una volta che abbiano cessato di essere in
contatto con il proiciente, Galileo utilizza la teoria della virtus impressa
che, a differenza dell’impetus di Buridano, col passare del tempo si
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estingue da sola. Questo potrebbe indurci a pensare che se una sfera
come la Terra, il cui centro coincidesse con il mondo, ricevesse un
impulso esterno, dopo un certo tempo si fermerebbe. Certo è però che
Galileo non giunge a rispondere alla domanda, ma anzi, in un’altra parte
dell’opera, la lascia curiosamente indecisa:
«Infine, vorrei che tu ponessi mente a questo: che, quando si dice che un moto
circolare non è violento, si intende del moto che si compie attorno al centro del
mondo come è il caso del moto del cielo. Se dunque esistesse una sfera
marmorea al centro del mondo, per modo che il centro del mondo e il centro
della Terra fossero tutt’uno, e quindi con un motore esterno si desse inizio al
moto della sfera, forse allora la sfera non si muoverebbe di moto violento, bensì
di moto naturale, non essendovi alcuna resistenza degli assi né avvicinandosi o
allontanandosi le parti della sfera rispetto al centro del mondo. Ho detto però
forse, perché, se tale moto non fosse violento, durerebbe in eterno. D’altro canto,
questa eternità del moto sembra essere lontanissima dalla natura propria della
Terra, alla quale pare che la quiete riesca più gradita che non il moto». 94
È importante notare che qui Galileo sta considerando la possibilità di una
diversa interpretazione del termine «naturale». Abbiamo visto che il
movimento naturale veniva definito quello che avvicinava il corpo al
centro, ma adesso Galileo suggerisce la possibilità di considerare
«naturale» un moto «circolare» che ruota nel centro del mondo. Il che
sembra indurre Galileo a dubitare che, se lo considera naturale, allora
dovrà considerarlo anche eterno, secondo una equazione antica che
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