Page 430 - Galileo Galilei - Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo
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ornati d’un interno ed eterno splendore, da i corpi privi d’ogni luce:
priva di luce è la Terra; splendidissimo per sé stesso è il Sole, e non
meno le stelle fisse: i sei pianeti mobili mancano totalmente di luce,
come la Terra; adunque l’essenza loro convien con la Terra, e dissente
dal Sole e dalle stelle fisse: mobile dunque è la Terra, immobile il Sole e
la sfera stellata.
SIMP. Ma l’autore non concederà che i sei pianeti sien tenebrosi, e su tal
negativa si terrà saldo, o vero egli argomenterà la conformità grande di
natura tra’ sei pianeti e il Sole e le stelle fisse, e la difformità tra questi e
la. Terra, da altre condizioni che dalle tenebre e dalla luce; anzi, or ch’io
m’accorgo, nell’instanza quinta, che segue, ci è posta la disparità somma
tra la Terra e i corpi celesti: nella quale egli scrive, che gran confusione e
intorbidamento sarebbe nel sistema dell’universo e tra le sue parti
secondo l’ipotesi del Copernico; imperocché tra
Altra differenza tra
corpi celesti immutabili ed incorruttibili, secondo la Terra e i corpi
Aristotile e Ticone ed altri, tra corpi, dico, di tanta
celesti, presa dalla
nobiltà, per confessione di ognuno e dell’istesso
Copernico, che afferma quelli esser ordinati e purità e impurità.
disposti in un’ottima costituzione e che da quelli rimuove ogni
inconstanza di virtù, tra corpi, dico, tanto puri, cioè tra Venere e Marte,
collocar la sentina di tutte le materie corruttibili, cioè la Terra, l’acqua,
l’aria e tutti i misti! Ma quanto più prestante distribuzione e più alla
natura conveniente, anzi a Dio stesso architetto, sequestrar i puri da
gl’impuri, i mortali da gl’immortali, come insegnano l’altre scuole, che
ci insegnano come queste materie impure e caduche son contenute
nell’angusto concavo dell’orbe lunare, sopra ’l quale con serie non
interrotta s’alzano poi le cose celesti!
SALV. È vero che ’l sistema Copernicano mette
Copernico mette
perturbazione nell’universo d’Aristotile; ma noi perturbazione
trattiamo dell’universo nostro, vero e reale. Quando
nell’universo
poi la disparità d’essenza tra la Terra e i corpi celesti
d’Aristotile.
la vuol quest’autore inferire dall’incorruttibilità di
quelli e corruttibilità di questa, in via d’Aristotile, dalla qual disparità e’
concluda il moto dover esser del Sole e delle fisse e l’immobilità della
Terra, va vagando nel paralogismo, supponendo quel che è in quistione;
perché Aristotile inferisce l’incorruttibilità de’ corpi celesti dal moto, del
quale si disputa se sia loro o della Terra. Della vanità Paralogismo
poi di queste retoriche illazioni, se n’è parlato a
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