Page 405 - Galileo Galilei - Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo
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attesoché e’ non si contenta di pensare alle cose che potrebbon accadere
          stante il corso della natura, ma vuol trovarsi provvisto in occasione che

          seguissero di quelle cose che assolutamente si sa che non sono mai per
          seguire.  Io  voglio  dunque,  per  sentir  qualche  bella  sottigliezza,

          concedergli  che  quando  la  Terra  e  l’acqua  andassero  in  niente,  né  le
          grandini né la pioggia cadessero più, né le materie ignee andasser più in

          alto,  ma  si  trattenesser  girando:  che  sarà  poi?  e  che  mi  opporrà  il
          filosofo?

          SIMP. L’opposizione è nelle parole che seguono immediatamente; eccole
          qui: Quibus tamen experientia et ratio adversatur.                   123

          SALV. Ora mi convien cedere, poiché egli ha sì gran vantaggio sopra di
          me, qual è l’esperienza, della quale io manco; perché sin ora non mi son

          mai  incontrato  in  vedere  che  ’l  globo  terrestre,  con  l’elemento
          dell’acqua, sia andato in niente, sì ch’io abbia potuto osservare quel che
          in questo piccol finimondo faceva la gragnuola e l’acqua. Ma ci dic’egli

          almanco, per nostra scienza, quel che facevano?
          SIMP. Non lo dice altrimenti.

          SALV. Pagherei qualsivoglia cosa a potermi abboccar con questa persona,
          per  domandargli,  se  quando  questo  globo  sparì,  e’  portò  via  anco  il

          centro comune della gravità, sì com’io credo; nel qual caso, penso che la
          grandine  e  l’acqua  restassero  come  insensate  e  stolide  tra  le  nugole,

          senza saper che farsi di loro. Potrebbe anco esser che, attratte da quel
          grande spazio vacuo, lasciato mediante la partita del globo terrestre, si
          rarefacesser tutti gli ambienti, ed in particolar l’aria, che è sommamente

          distraibile, e concorressero con somma velocità a riempierlo; e forse i
          corpi  più  solidi  e  materiali,  come  gli  uccelli,  che  pur  di  ragione  ne

          dovevano  esser  molti  per  aria,  si  ritirarono  più  verso  il  centro  della
          grande sfera vacua (che par ben ragionevole che alle sustanze che sotto
          minor  mole  contengono  assai  materia,  sieno  assegnati  i  luoghi  più

          angusti, lasciando alle più rare i più ampli), e quivi, mortisi finalmente di
          fame e risoluti in terra, formassero un nuovo globettino, con quella poca

          di acqua che si trovava allora tra’ nugoli.               124  Potrebbe anco essere che le
          medesime  materie,  come  quelle  che  non  veggon  lume,  non

          s’accorgessero della partita della Terra, e che alla cieca scendessero al
          solito, pensando d’incontrarla, e a poco a poco si conducessero al centro,

          dove anco di presente andrebbero se l’istesso globo non l’impedisse. E
          finalmente, per dare a questo filosofo una meno irrisoluta risposta, gli





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