Page 385 - Galileo Galilei - Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo
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moto locale. vedendo suscitata una nuova cognizione
intera, intorno ad un suggetto del quale si
sono scritti centinaia di volumi; e né pur una sola dell’infinite
conclusioni ammirabili che vi son dentro, è stata osservata e intesa da
alcuno prima che dal nostro amico.
SAGR. Voi mi fate fuggir la voglia d’intender più oltre de i nostri
cominciati discorsi, e solo sentire alcuna delle dimostrazioni che mi
accennate: però, o ditemele al presente, o almeno datemi ferma parola di
farne meco una particolare sessione, ed anco presente il Sig. Simplicio,
se avrà gusto di sentire le passioni ed accidenti del primario effetto della
natura.
SIMP. Averollo indubitatamente, ancorché, per quanto appartiene al
filosofo naturale, io non credo che il descendere a certe minute
particolarità sia necessario, bastando una general cognizione della
definizion del moto e della distinzione di naturale e violento, equabile e
accelerato, e simili; ché quando questo non fusse bastato, io non credo
che Aristotile avesse pretermesso di insegnarci tutto quello che fusse
mancato.
SALV. Può essere. Ma non perdiamo più tempo in questo, ch’io prometto
spenderci una meza giornata appartatamente per vostra sodisfazione,
anzi pur ora mi sovviene avervi un’altra volta promesso di darvi questa
medesima sodisfazione. E tornando al nostro cominciato calcolo del
tempo nel quale il grave cadente verrebbe dal concavo della Luna sino al
centro della Terra, per proceder non arbitrariamente e a caso, ma con
metodo concludentissimo, cercheremo prima di assicurarci, con
l’esperienza più volte replicata, in quanto tempo una palla, v. g., di ferro
venga in Terra dall’altezza di cento braccia.
SAGR. Pigliando però una palla di un tal determinato peso, e quella stessa
sopra la quale noi vogliamo far il computo del tempo della scesa dalla
Luna.
SALV. Questo non importa niente, perché palle di una, di dieci, di cento,
di mille libbre, tutte misureranno le medesime cento braccia nell’istesso
tempo.
SIMP. Oh questo non cred’io, né meno lo crede Aristotile, che scrive che
le velocità de i gravi descendenti hanno tra di loro la medesima
proporzione delle loro gravità. 87
SALV. Come voi, Sig. Simplicio, volete ammetter cotesto per vero,
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