Page 334 - Galileo Galilei - Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo
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all’operazion propria del pittore, l’istesso a capello avrebbe delineato
quando la nave fusse stata ferma. Che poi del moto lunghissimo della
penna non resti altro vestigio che quei tratti segnati su la carta, la cagione
ne è l’essere stato il gran moto da Venezia in Alessandretta comune della
carta e della penna e di tutto quello che era in nave; ma i moti piccolini,
innanzi e ’n dietro, a destra ed a sinistra, comunicati dalle dita del pittore
alla penna e non al foglio, per esser proprii di quella, potettero lasciar di
sé vestigio su la carta, che a tali movimenti restava immobile. Così
parimente è vero, che movendosi la Terra, il moto della pietra, nel venire
a basso, è stato realmente un lungo tratto di molte centinaia ed anco di
molte migliaia di braccia, e se avesse potuto segnare in un’aria stabile o
altra superficie il tratto del suo corso, averebbe lasciata una lunghissima
linea trasversale; ma quella parte di tutto questo moto che è comune del
sasso, della torre e di noi, ci resta insensibile e come se non fusse, e solo
rimane osservabile quella parte della quale né la torre né noi siamo
partecipi, che è in fine quello con che la pietra, cadendo, misura la torre.
SALV. Sottilissimo pensiero per esplicar questo punto, assai difficile per
esser capito da molti. Or, se il Sig. Simplicio non vuol replicar altro,
possiamo passare all’altre esperienze, lo scioglimento delle quali
riceverà non poca agevolezza dalle cose dichiarate sin qui.
SIMP. Io non ho che dir altro, ed era mezo astratto su quel disegno, e sul
pensare come quei tratti tirati per tanti versi, di qua, di là, in su, in giù,
innanzi, in dietro, e ’ntrecciati con centomila ritortole, non sono, in
essenza e realissimamente, altro che pezzuoli di una linea sola tirata tutta
per un verso medesimo, senza verun’altra alterazione che il declinar dal
tratto dirittissimo talvolta un pochettino a destra e a sinistra e il muoversi
la punta della penna or più veloce ed or più tarda, ma con minima
inegualità: e considero che nel medesimo modo si scriverebbe una
lettera, e che questi scrittori più leggiadri, che, per mostrar la scioltezza
della mano, senza staccar la penna dal foglio, in un sol tratto segnano
con mille e mille ravvolgimenti una vaga intrecciatura, quando fussero in
una barca che velocemente scorresse, convertirebbero tutto il moto della
penna, che in essenza è una sola linea tirata tutta verso la medesima parte
e pochissimo inflessa o declinante dalla perfetta drittezza, in un
ghirigoro: ed ho gran gusto che il Sig. Sagredo m’abbia destato questo
pensiero. Però seguitiamo innanzi, ché la speranza di poterne sentir de
gli altri mi terrà più attento.
SAGR. Quando voi aveste curiosità di sentir di simili arguzie, che non
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