Page 322 - Galileo Galilei - Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo
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velocemente  che  per  aria.  Restami  solo  da  intender  che  in  questo
          secondo moto per terra ella vadia più velocemente che nel primo, perché

          così ella si moverebbe in infinito, accelerandosi sempre.
          SAGR. Io non ho detto assolutamente che questo secondo moto sia più

          veloce del primo, ma che può talvolta accader ch’e’ sia più veloce.
          SIMP. Questo è quello ch’io non capisco e ch’io vorrei intendere.

          SAGR. E questo ancora sapete per voi stesso. Però ditemi: quando voi vi
          lasciate cader la ruzzola di mano senza che ella girasse in sé stessa, che

          farebbe percotendo in terra?
          SIMP. Niente, ma resterebbe quivi.
          SAGR.  Non  potrebb’egli  accadere  che  nel  percuotere  in  terra  ella

          acquistasse moto? pensateci meglio.
          SIMP.  Se  noi  non  la  lasciassimo  cadere  su  qualche  pietra  che  avesse

          pendio, come fanno i fanciulli con le chiose, e che battendo a sbiescio su
          la pietra pendente acquistasse movimento in sé stessa in giro, col quale
          poi ella seguitasse di muoversi progressivamente in terra, non saprei in

          qual altra maniera ella potesse far altro che fermarsi dove ella battesse.
          SAGR. Ecco pure che in qualche modo ella può acquistar nuova vertigine.

          Quando dunque la ruzzola sbalzata in alto ricade in giù, perché non può
          ella abbattersi a dare su lo sbiescio di qualche sasso fitto in terra e che

          abbia il pendio verso dove è il moto, ed acquistando, per tal percossa,
          nuova vertigine, oltre a quella prima dello spago, raddoppiar il suo moto,

          e farlo più veloce che non fu nel suo primo battere in terra?
          SIMP. Ora intendo che ciò può facilmente seguire. E vo considerando che
          quando  la  ruzzola  si  facesse  girare  al  contrario,  nell’arrivare  in  terra

          farebbe contrario effetto, cioè il moto della vertigine ritarderebbe quel
          del proiciente.

          SAGR.  E  lo  ritarderebbe,  e  l’impedirebbe  tal  volta  del  tutto,  quando  la
          vertigine fusse assai veloce. E di qui nasce la soluzione di quell’effetto

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          che i giuocatori di palla a corda  più esperti fanno con lor vantaggio,
          cioè  d’ingannar  l’avversario  col  trinciar  (che  tale  è  il  lor  termine)  la

          palla, cioè rimetterla con la racchetta obliqua, in modo che ella acquisti
          una vertigine in sé stessa contraria al moto proietto; dal che ne séguita

          che,  nell’arrivare  in  terra,  il  balzo  che,  quando  la  palla  non  girasse,
          andrebbe  verso  l’avversario,  porgendoli  il  consueto  tempo  di  poterla

          rimettere, resta come morto, e la palla si schiaccia in terra, o meno assai
          del  solito  ribalza,  e  rompe  il  tempo  della  rimessa.  Per  questo  anco  si





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