Page 317 - Galileo Galilei - Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo
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lunghe, e pur tutte le passerà nelle medesime due battute di polso: ed a
questa similitudine, quando in cima di una torre fusse una colubrina
livellata, e con essa si tirassero tiri di punto bianco, cioè paralleli
all’orizonte, per poca o molta carica che si desse al pezzo, sì che la palla
andasse a cadere ora lontana mille braccia, or quattro mila, or sei mila, or
dieci mila etc., tutti questi tiri si spedirebbero in tempi eguali tra di loro,
e ciascheduno eguale al tempo che la palla consumerebbe a venire dalla
bocca del pezzo sino in terra, lasciata, senz’altro impulso, cadere
semplicemente giù a perpendicolo. Or par meravigliosa cosa che
nell’istesso breve tempo della caduta a piombo sino in terra dall’altezza,
v. g., di cento braccia, possa la medesima palla, cacciata dal fuoco,
passare or quattrocento, or mille, or quattromila, ed or diecimila braccia,
sì che la palla in tutti i tiri di punto bianco si trattenga sempre in aria per
tempi eguali.
SALV. La considerazione per la sua novità è bellissima, e quando l’effetto
sia vero, è meraviglioso: e della sua verità io non ne dubito; e quando
non ci fusse l’impedimento accidentario dell’aria, io tengo per fermo che
se nell’uscir la palla del pezzo si lasciasse cader un’altra dalla medesima
altezza giù a piombo, amendue arriverebbero in terra nel medesimo
instante, ancorché quella avesse camminato diecimila braccia di
distanza, e questa, cento solamente; intendendo che il piano della Terra
fusse eguale, che per sicurezza si potrebbe tirare sopra qualche lago.
L’impedimento poi che potesse venir dall’aria, sarebbe nel ritardar il
moto velocissimo del tiro. Or, se così vi piace, venghiamo alle soluzioni
degli altri argomenti, già che il Sig. Simplicio resta (per quanto io mi
creda) ben capace della nullità di questo primo, preso da i cadenti da alto
a basso.
SIMP. Io non mi sento rimossi tutti gli scrupoli; e forse il difetto è mio,
per non esser di così facile e veloce apprensiva come il Sig. Sagredo. E
parmi che quando questo moto participato dalla pietra, mentre era su
l’albero della nave, s’avesse, come voi dite, a conservar indelebilmente
in lei, dopo ancora che si trova separata dalla nave, bisognerebbe che
similmente quando alcuno, sendo sopra un cavallo che corresse
velocemente, si lasciasse cader di mano una palla, quella, caduta in terra,
continuasse il suo moto e seguitasse il corso del cavallo senza restargli a
dietro: il quale effetto non credo io che si vegga, se non quando colui
ch’è sul cavallo la gettasse con forza verso la parte del corso; ma senza
questo, credo ch’ella resterà in terra dov’ella percuote.
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