Page 314 - Galileo Galilei - Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo
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SALV. Bisogna dunque che il proiciente conferisca il moto all’aria, col
          quale ella poi muova il proietto. Ma se tal virtù non si può imprimere,

          non si potendo far passare un accidente d’un subbietto in un altro, come
          può passare dal braccio nell’aria? non è forse l’aria un subbietto altro dal

          braccio?
          SIMP. Rispondesi che l’aria, per non esser né grave né leggiera nella sua

          regione,  è  disposta  a  ricevere  facilissimamente  ogni  impulso  ed  a
          conservarlo ancora.

          SALV. Ma se i penduli adesso adesso ci hanno mostrato che il mobile,
          quanto meno participa di gravità, tanto è meno atto a conservare il moto,
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          come potrà essere che l’aria, che in aria non ha punto di gravità,  essa
          sola conservi il moto concepito? Io credo, e so che voi ancora credete al

          presente,  che  non  prima  si  ferma  il  braccio,  che  l’aria  attornogli.
          Entriamo in camera, e con uno sciugatoio agitiamo quanto più si possa
          l’aria, e fermato il panno conducasi una piccola candeletta accesa nella

          stanza,  o  lascivisi  andare  una  foglia  d’oro  volante;  che  voi  dal  vagar
          quieto       dell’una        e     dell’altra        v’accorgerete          dell’aria       ridotta

          immediatamente  a  tranquillità.  Io  potrei  addurvi  mille  esperienze,  ma
          dove non bastasse una di queste, si potrebbe aver la cura per disperata

          affatto.
          SAGR. Quando si tira una freccia contr’al vento, quanto è incredibil cosa

          che quel filetto d’aria, spinto dalla corda, vadia al dispetto della fortuna
          accompagnando la freccia! Ma io ancora vorrei sapere un particolare da
          Aristotile,  per  il  quale  prego  il  Sig.  Simplicio  che  mi  favorisca  di

          risposta. Quando col medesimo arco fussero tirate due freccie, una per
          punta  al  modo  consueto,  e  l’altra  per  traverso,  cioè  posandola  per  lo

          lungo  su  la  corda,  e  così  distesa  tirandola,  vorrei  sapere  qual  di  esse
          andrebbe più lontana. Favoritemi in grazia di risposta, benché forse la
          dimanda vi paia più tosto ridicola che altrimenti; e scusatemi, perché io,

          che ho, come voi vedete, anzi del grossetto che no, non arrivo più in alto
          con la mia speculativa.

          SIMP. Io non ho veduto mai tirar le freccie per traverso: tuttavia credo
          che intraversata non andrebbe né anco la ventesima parte di quel ch’ella

          va per punta.
          SAGR. E perché io ho creduto l’istesso, quindi è che mi è nata occasione

          di metter dubbio tra ’l detto d’Aristotile e l’esperienza. Perché, quanto
          all’esperienza, s’io metterò sopra quella tavola due freccie in tempo che





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