Page 311 - Galileo Galilei - Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo
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piccolissimo:  e  voi  stesso  poco  fa  avete  detto  che  la  forza  del  più
          impetuoso  vento  non  basta  a  muover  di  luogo  una  grossa  pietra;  or

          pensate quel che farà l’aria quieta incontrata dal sasso, non più veloce di
          tutto  ’l  navilio.  Tuttavia,  come  ho  detto,  vi  concedo  questo  piccolo

          effetto,  che  può  dependere  da  tale  impedimento;  sì  come  so  che  voi
          concederete  a  me  che  quando  l’aria  si  movesse  con  l’istessa  velocità

          della  nave  e  del  sasso,  l’impedimento  sarebbe  assolutamente  nullo.
          Quanto all’altro, del sopravegnente moto in giù, prima è manifesto che

          questi due, dico il circolare intorno al centro e ’l retto verso ’l centro,
          non son contrarii né destruttivi l’un dell’altro né incompatibili, perché,
          quanto al mobile, ei non ha repugnanza alcuna a cotal moto: ché già voi

          stesso avete conceduto, la repugnanza esser contro al moto che allontana
          dal centro, e l’inclinazione, verso il moto che avvicina al centro; onde

          necessariamente  segue  che  al  moto  che  non  appressa  nè  discosta  dal
          centro,  non  ha  il  mobile  né  repugnanza  né  propensione  né,  in
          conseguenza, cagione di diminuirsi in lui la facultà impressagli: e perché

          la causa motrice non è una sola, che si abbia, per la nuova operazione, a
          inlanguidire, ma son due tra loro distinte, delle quali la gravità attende

          solo a tirare il mobile al centro, e la virtù impressa a condurlo intorno al
          centro, non resta occasione alcuna d’impedimento.

          SIMP. Il discorso veramente è in apparenza assai probabile, ma in essenza
          turbato un poco da qualche intoppo mal agevole a superarsi. Voi in tutto

          ’l progresso avete fatta una supposizione, che dalla scuola peripatetica
          non di leggiero vi sarà conceduta, essendo contrariissima ad Aristotile: e
          questa è il prender come cosa notoria e manifesta che ’l proietto separato

          dal  proiciente  continui  il  moto  per  virtù  impressagli  dall’istesso
                                              proiciente, la qual virtù impressa è tanto esosa
            Il proietto, secondo
                                              nella peripatetica filosofia, quanto il passaggio
            Aristotile, non è
            mosso da virtù                    d’alcuno accidente d’uno in un altro suggetto:
                                              nella qual filosofia si tiene, come credo che vi
            impressa, ma dal mezo.
                                              sia noto, che ’l proietto sia portato dal mezo,

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          che nel nostro caso viene ad esser l’aria;  e però se quel sasso, lasciato
          dalla cima dell’albero, dovesse seguire il moto della nave, bisognerebbe

          attribuire tal effetto all’aria, e non a virtù impressagli: ma voi supponete
          che  l’aria  non  séguiti  il  moto  della  nave,  ma  sia  tranquilla.  Oltre  che

          colui  che  lo  lascia  cadere,  non  l’ha  a  scagliare  né  dargli  impeto  col
          braccio, ma deve semplicemente aprir la mano e lasciarlo: e così, né per





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