Page 310 - Galileo Galilei - Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo
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SIMP. Perché l’inclinazion de’ corpi gravi è di muoversi verso ’l centro
          della  Terra,  e  solo  per  violenza  in  su  verso  la  circonferenza;  e  la

          superficie  inclinata  è  quella  che  acquista  vicinità  al  centro,  e  l’acclive
          discostamento.

          SALV.  Adunque  una  superficie  che  dovesse  esser  non  declive  e  non
          acclive, bisognerebbe che in tutte le sue parti fusse egualmente distante

          dal centro. Ma di tali superficie ve n’è egli alcuna al mondo?
          SIMP. Non ve ne mancano: ècci quella del nostro globo terrestre, se però

          ella fusse ben pulita, e non, quale ella è, scabrosa e montuosa; ma vi è
          quella dell’acqua, mentre è placida e tranquilla.
          SALV. Adunque una nave che vadia movendosi per la bonaccia del mare,

          è un di quei mobili che scorrono per una di quelle superficie che non
          sono né declivi né acclivi, e però disposta, quando le fusser rimossi tutti

          gli ostacoli accidentarii ed esterni, a muoversi, con l’impulso concepito
          una volta, incessabilmente e uniformemente.
          SIMP. Par che deva esser così.

          SALV.  E  quella  pietra  ch’è  su  la  cima  dell’albero  non  si  muov’ella,
          portata dalla nave, essa ancora per la circonferenza d’un cerchio intorno

          al  centro,  e  per  conseguenza  d’un  moto  indelebile  in  lei,  rimossi  gli
          impedimenti  esterni?  e  questo  moto  non  è  egli  così  veloce  come  quel

          della nave?
          SIMP. Sin qui tutto cammina bene. Ma il resto?

          SALV. Cavatene in buon’ora l’ultima conseguenza da per voi, se da per
          voi avete sapute tutte le premesse.
          SIMP. Voi volete dir per ultima conclusione, che movendosi quella pietra

          d’un  moto  indelebilmente  impressole,  non  l’è  per  lasciare,  anzi  è  per
          seguire la nave, ed in ultimo per cadere nel medesimo luogo dove cade

          quando la nave sta ferma; e così dico io ancora che seguirebbe quando
          non ci fussero impedimenti esterni, che sturbassero il movimento della

          pietra dopo esser posta in libertà: li quali impedimenti son due; l’uno è
          l’essere  il  mobile  impotente  a  romper  l’aria  col  suo  impeto  solo,

          essendogli mancato quello della forza de’ remi, del quale era partecipe,
          come parte della nave, mentre era su l’albero; l’altro è il moto novello
          del  cadere  a  basso,  che  pur  bisogna  che  sia  d’impedimento  all’altro

          progressivo.
          SALV. Quanto all’impedimento dell’aria, io non ve lo nego; e quando il

          cadente fusse materia leggiera, come una penna o un fiocco di lana, il
          ritardamento  sarebbe  molto  grande;  ma  in  una  pietra  grave,  è



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