Page 29 - Galileo Galilei - Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo
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valli e mari o stagni, ma anche alberi e piante e persino animali…».         46


          È  ben  noto  che,  a  partire  dalla  disputa  del  1612  con  Galileo  circa  la
          priorità  della  scoperta  delle  macchie  solari,  Scheiner  fu  un  accanito

          nemico di Galileo e che lo perseguitò con furore sino alla fine. Non è
          dunque strano che si conoscano manifestazioni di ira e odio pertinaci tra

          i gesuiti e, se la logica avesse un qualche ruolo nelle passioni umane,
          apparirebbe strano che tali rancori si appuntassero contro Galileo con il

          quale, a quanto sembra, non erano poi tanto in disaccordo.                      47
          Non  va  però  dimenticato  che  i  gesuiti  avevano  fatto  dell’«obbedienza

          cieca»  la  loro  virtù  fondamentale.  La  prima  delle  regole  formulate  da
          sant’Ignazio  di  Loyola  «per  il  criterio  veritiero  che  come  militanti

          dobbiamo rispettare», stabilisce che:


                   «Rinunciando a ogni giudizio, dobbiamo dar prova di animo preparato e pronto a
                   obbedire  in  tutto  e  per  tutto  alla  vera  sposa  di  Cristo  nostro  signore  che  è  la
                   nostra santa madre Chiesa gerarchica».      48


          Sebbene la più celebre affermazione del fondatore della Compagnia sia

          senza dubbio la tredicesima regola che recita:


                   «Dobbiamo sempre rispettare questo principio per accettare di “credere che il
                   bianco che io vedo è nero” se così stabilisce la Chiesa gerarchica».        49


          Ignazio  di  Loyola,  però,  non  voleva  equivoci  e  stabilì  con  grande
          chiarezza  che  il  più  alto  grado  di  perfezione  da  raggiungere

          nell’obbedienza consisteva nel fatto che:


                   «Oltre alla volontà si deve offrire l’intelletto,… non soltanto desiderare, bensì
                   pensare  esattamente  come  il  superiore,  sottomettendo  il  proprio  giudizio  al
                   suo». 50


          E quando un gesuita indisciplinato criticò la tradizione dell’obbedienza

          nell’ordine  e  Acquaviva  chiese  a  Bellarmino  di  chiarire  la  nozione  di
          obbedienza, questi fu tassativo:


                   «Con  l’espressione  “obbedienza  cieca”  egli  [Ignazio  di  Loyola]  intese
                   un’obbedienza che sia pura, perfetta, semplice e indiscussa a ciò che si ordina o
                   al motivo per cui lo si ordina, senza però che ci si limiti solo a ciò che è stato
                   ordinato…  E  quando  insorge  il  dubbio,  si  deve  essere  d’accordo
                   immediatamente con i superiori e non già con il proprio criterio… [E altrove
                   aggiungeva]  È  meglio  fare  qualcosa  di  meno  buono  per  obbedire  che  fare



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