Page 27 - Galileo Galilei - Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo
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Anche se sarebbe certamente discutibile considerare progressive alcune
          tesi dei gesuiti e, soprattutto, sebbene non sia affatto chiaro quali siano le

          tesi «copernicane» o «galileiane» che avrebbero difeso i gesuiti, credo
          che  possa  accettarsi  senza  molte  difficoltà  l’atteggiamento  non

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          monolitico  della  Compagnia  nei  confronti  della  nuova  scienza.   In
          realtà  uno  dei  grandi  meriti  dello  studio  delle  direttive  dei  Censori

          Generali  dell’Ordine,  compiuto  da  Baldini,  consiste  in  buona  parte
          nell’aver mostrato o in alcuni casi confermato ciò che già si sospettava,

          come abbiamo visto sopra nel caso di Clavio, e cioè che tra i matematici
          della Compagnia venivano fatti chiari tentativi, pur nell’esiguo margine

          permesso,  di  affrancare  le  direttive  dell’Ordine  dall’aristotelismo.
          Baldini ha rivelato che alcuni membri della Compagnia davano prova di

          una certa simpatia per nuove teorie. Inoltre, dal punto di vista formale, si
          può essere d’accordo con Baldini quando afferma:


                   «L’analisi che segue suppone però che si concordi sul seguente fatto: assumere il
                   grado di adesione pubblica e esplicita a un certo insieme di canoni o tesi della
                   nuova scienza come espressione immediata e adeguata del pensiero d’un autore
                   è fuorviante, in quanto astrae da condizionanti, opportunità, convenzioni che nel
                   periodo canalizzarono produzione e comunicazione scientifiche. Per un giudizio
                   solido  occorrerà  passare  a  livelli  della  riflessione  per  così  dire  privati,  non
                   affrontando i quali varie personalità significative restano investite in proprio da

                   un giudizio di staticità consuetudinaria (o, senz’altro, di mediocrità) che pertiene
                   all’inerzia di partizioni disciplinari, moduli argomentativi o espositivi, istituti».     42


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          Tralasciando il tema della mediocrità,  non c’è dubbio che in quei tempi
          di  rigido  controllo  all’interno  del  mondo  cattolico  non  sempre  c’era

          corrispondenza tra le affermazioni pubbliche e il pensiero privato. Ciò
          riguarda non soltanto i gesuiti, bensì Galileo o qualunque altro autore del

          momento,  in  misura  maggiore  o  minore,  a  seconda  del  luogo  in  cui
          vivevano. Ancora, Redondi ci ricorda che l’argomento fu teorizzato in

          trattati come Della dissimulazione onesta di Torquato Accetto. Tuttavia,
          contro  alla  necessità  della  «dissimulazione»,  «tacere  per  amore  della
          verità  una  parte  dei  propri  pensieri»  si  denunciava  l’abiezione  del

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          «simulare virtù inesistenti».  In altre parole, anche allora si tracciavano
          limiti e si stabilivano differenze. E senza dubbio non mancano differenze
          tra la dissimulazione alla quale si vide obbligato, per esempio, Galileo, e
          la dissimulazione, quando non era simulazione, a volte passionale, che si

          autoimposero i gesuiti collettivamente e individualmente – e che, nella




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