Page 23 - Galileo Galilei - Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo
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convincenti  anche  per  alcuni  aristotelici  gesuiti,  come  risulta  da  una
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          lettera di Francesco Stelluti.  Uno di essi, Grienberger, particolarmente
          eminente  dal  momento  che  era  successo  a  Clavio  sulla  cattedra  di

          matematiche  del  Collegio  Romano,  partecipò,  per  propria  richiesta,  a
          una  ripetizione  di  tali  esperimenti  compiuta  da  un  amico  di  Galileo,
          Giovanni Bardi, il quale racconta quanto segue:



                   «E mi ha detto il Padre Ghambergier, che se non havessi hauto haver rispetto ad
                   Aristotile, al quale loro, per ordine del Generale, non possono opporsi niente, ma
                   lo devono sempre salvare, haria parlato più chiaro di quello che ha fatto, perché
                   in questo lui ci sta benissimo; e mi diceva che non è meraviglia che Aristotile sii
                   contro,  perché  anchora  si  è  ingannato  chiarissimamente  in  quello  che  V.S.
                   anchora mi diceva una volta di quei doi pesi che caschano prima o poi».           26


          Questo  compromesso  ha  a  che  fare  con  una  carenza  che  appariva

          cruciale  concernendo  il  campo  più  nuovo  e  vitale  della  Rivoluzione
          scientifica che, in quel torno di tempo, era in gestazione.


                   «Era  l’insegnamento  della  filosofia  naturale  a  non  essere  all’altezza  di  quello
                   della  matematica.  Sotto  il  profilo  della  filosofia  naturale,  il  Collegio  Romano
                   non poteva infatti vantare alcuna superiorità rispetto alle altre università italiane.
                   Non  diversamente  che  in  quelle,  anche  qui  l’insegnamento  della  filosofia
                   naturale – ossia la fisica, la cosmologia, la psicologia – arroccava attorno a sé la
                   tradizione, in polemica con le forme di antiaristotelismo che circolavano fuori
                   dalle università o in qualche cattedra eterodossa. La natura religiosa del Collegio
                   faceva  più  qui  che  altrove  di  quell’insegnamento  il  bastione  della  alleanza

                   inestricabile fra la fisica e la metafisica.» 27


          Diversamente che per le matematiche o l’astronomia, è difficile citare un
          nome eminente di filosofo naturale gesuita dell’epoca. Vincenzo Aranea,

          Antonio  Casiglio  o  Fabio  Ambrogio  Spinola,  che  insegnarono  questa
          disciplina nel Collegio Romano nei primi decenni del XVII secolo, non
          contribuirono certo alla fama dell’insegnamento dei gesuiti.

          Oggi  è  chiaramente  stabilita  la  connessione  tra  le  idee  del  giovane
          Galileo e quelle dei professori del Collegio Romano degli ultimi decenni

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          del  XVI  secolo.  Crombie,   Carugo   e  Wallace   hanno  indagato
          l’origine  delle  idee  del  Galileo  più  giovane,  soprattutto  quello  degli
          Juvenilia (Opere, I, pp. 7-177), secondo la denominazione attribuita da
          Favaro  all’insieme  degli  scritti  del  Galileo  giovane.  Pare  evidente  che

          tali testi di Galileo sono quasi completamente copia, parafrasi o riassunto
          di  manuali  di  professori  del  Collegio  Romano  come  Valla,  Menu,



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